Paolo Virzì: “Un altro Ferragosto” è una commedia dove si respira un’aria di tragedia

Un altro Ferragosto Virzì Cinema a Firenze

Nel sequel di Ferie d’agosto, Virzì riunisce nuovi e vecchi personaggi sull’isola di Ventotene, restituendoci un affresco tragicomico dei nostri giorni e riuscendo a strapparci qualche risata amara. Incontro con il regista livornese al Cinema Fiorella.

Siamo stati al Cinema Fiorella a vedere “Un altro Ferragosto”, l’ultimo film di Paolo Virzì uscito nelle sale il 7 marzo. Prima della proiezione, il regista livornese, insieme a Vinicio Marchioni e Anna Ferraioli Ravel, ha presentato l’opera e scambiato due chiacchiere col pubblico.

«Il film è una specie di “30 anni dopo”: abbiamo ripreso le fila di un racconto iniziato nel ’95, quando abbiamo girato “Ferie d’agosto”, in cui avevamo messo in scena il romanzo familiare di due comitive di villeggianti, nelle loro discordie e incomprensioni. Adesso è passato del tempo, ci sono stati dei lutti, e ciò ha voluto dire prendere di petto un tema doloroso come quello del commiato dalla vita. E questo film, che è pieno di vita ma anche di morte, è una commedia dove si respira un’aria di tragedia. È cambiato anche lo scenario: siamo sempre a Ventotene sì, ma dietro c’è un’Italia diversa. Noi ovviamente la raccontiamo a modo nostro, come dei veri commedianti, quindi mettiamo in scena anche le cose molto dolorose ma mantenendo uno spirito beffardo e umoristico.»

Le parole di Paolo Virzì delineano perfettamente il clima che si respira in “Un altro Ferragosto”: un film che ci mette di fronte ai nostri tempi, al come siamo diventati e alle nostre miserie. Un ritratto spietato e realistico dell’Italia di oggi, che riesce nonostante tutto a farci fare qualche risata, anche se amara. Il tutto reso tramite lo sguardo di Paolo Virzì che, come ha sottolineato Vinicio Marchioni alla presentazione del film al Cinema Fiorella, riesce a descrivere le miserie umane con grande pietas.

Ebbene, in “Un altro Ferragosto” siamo sempre a Ventotene, con gli stessi personaggi che per motivi diversi fanno ritorno all’isola. C’è Sandro (Silvio Orlando), l’ex giornalista dell’Unità, che sta morendo e trova un senso agli ultimi giorni della propria vita solo scrivendo col nipotino una lettera indirizzata Ursula von der Leyen al fine di proteggere la memoria dell’isola e dei confinanti del Fascismo. C’è sua moglie Cecilia (Laura Morante), che fa i conti con la solitudine, il sentirsi trascurata dal marito e la disperazione della sua vita, le sue amiche Betta e Graziella (Raffaella Lebbroni e Claudia Della Seta), con gli stessi litigi di sempre. Poi c’è il figlio Altiero (Andrea Carpenzano), diventato un milionario per aver creato un app di messaggistica, che arriva a Ventotene con suo marito gender fluid. Nella villetta adiacente i Mazzalupi, con la piccola Sabrina che nel frattempo è diventata un’influencer paladina della body positivity (Anna Ferraioli Ravel), giunta sull’isola per sposarsi con Cesare (Vinicio Marchioni), in un matrimonio che, in realtà, non s’ha da fare. Insieme a loro la madre Luciana (Paola Tiziana Cruciani) e la zia Marisa (Sabrina Ferilli), l’unica ad opporsi al matrimonio, con il suo nuovo compagno Pierluigi Nardi Masciulli (Christian De Sica).

Tutti i personaggi si muovono nell’isola come gli stessi pupazzetti illustrati nella locandina (usati inizialmente, ha rivelato Virzì, come strumenti di lavoro sia dagli attori che per l’allestimento dei costumi). Siamo ancora a Ventotene sì, ma non ci sono più né idealismi né ideologie: adesso da una parte c’è una destra coatta e ignorante, che si fa i selfie e insulta i “radical-chic”, dall’altra una sinistra incapace di amare. Ciò che rimane è il monologo tragicomico che Virzì affida a Emanuela Fanelli, ex moglie di Cesare, e il suo «la vita è una merda», che agisce da catarsi sia per i personaggi dell’opera ma anche per il pubblico stesso.