Sembra che questo utilizzo sia ancora piuttosto presente anche nell’Italia settentrionale, a livello popolare. Normalmente tali individui non sono famosi per la loro eleganza o senso dello stile, anzi girano abbigliati come se ci fosse Pitti tutto l’anno (chiedo umilmente venia, ma conservo pur sempre una vena polemica): pigiami, tutoni ecc. sono il loro outfit quotidiano. Da qui il termine passerebbe dunque a designare l’oggetto, oltre che il portatore: un caso in cui il monaco, o il “toni”, fa l’abito e non viceversa.
Collegato a questo, un aneddoto racconta la storia di un certo Antonio (non meglio identificato) che, in epoche antecedenti, passeggiava per le vie del centro vestito nei modi più assurdi e pare che ciò abbia contribuito a rafforzare l’associazione tra il diminutivo del nome e l’abbigliamento. A dire il vero però, di questa storia esistono poche prove, se non appunto le leggende locali tramandate oralmente.
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