PIE: il primo braccialetto social è "made in Firenze"

Da qualche, giorno girano in rete le immagini di un braccialetto elettronico dal design elegante e minimale, ma in pochi hanno capito cosa sia e a che cosa serva. Sono ancora meno quelli che sanno che PIE- Personal Interactive Experience è non solo una invenzione tutta italiana, ma che il team che lo ha ideato e sviluppato è praticamente tutto fiorentino. Ho contattato il suo fondatore Lorenzo Albi, fiorentino classe 1988, trapiantato a Milano cinque anni fa per diplomarsi all’Istituto Europeo di Design e che, ritrovatosi con l’ormai tristemente noto “foglio di carta” in mano, durante la sua frustrante ricerca di un lavoro, ha deciso di prendersi una settimana per pensare e beh…questo è il risultato.

Lorenzo, se dovessi descriverlo in una frase, come definiresti PIE?
«Ė un device che ti permette di creare un contatto virtuale tramite un contatto fisico».

Bene, grazie per la supercazzola, ora puoi spiegarti meglio…
«L’idea alla base è che ormai l’utilizzo delle reti virtuali sia divenuto parte integrante e fondamentale della nostra vita: ci scambiamo quotidianamente informazioni e contatti tramite social network di vario genere. PIE consente di scambiarsi contatti tramite il riconoscimento dei movimenti standardizzati: quindi, per esempio, se stringo la mano a qualcuno, PIE automaticamente riconosce questo come un gesto formale e lo riconduce ad un rapporto lavorativo, scambiando quindi il contatto LinkedIn. Se invece “schiaccio un cinque”, il gesto viene associato ad un altro tipo di rapporto e quindi ad un altro network, come per esempio Facebook. Stesso concetto vale se volessi scambiare la mia mail, il mio numero di telefono o il mio curriculum. Ad ogni gesto il suo significato».

Quindi il braccialetto a cosa è collegato? Come fa a mandare queste informazioni?
«PIE funziona tramite bluetooth 4.0  ed NFC, ed è collegato ad una applicazione sul telefono. Un’altra funzione interessante di PIE è quella per i pagamenti wireless e contactless: iIn italia sono poco più di centomila gli esercizi commerciali che hanno abilitato questa funzione, ma c’è motivo di credere questi aumentino esponenzialmente nei prossimi mesi».

L’idea è bella, ma non temete che per il mercato italiano sia un po’ “troppo avanti”?
«È vero, infatti quello italiano non è il nostro principale mercato di riferimento… sappiamo che dovremo aspettare alcuni anni affinché si creino queste condizioni, ma siamo molto orgogliosi di dire che il nostro braccialetto è e sarà quasi interamente Made in Italy; l’unica componente non italiana, per un ovvio motivo di costi, è il chip interno».

Domanda tediosa ma fondamentale: come avete trovato i fondi per partire?
«Stiamo ancora cercando fondi per ultimare lo sviluppo dell’hardware e del software, e abbiamo trovato una grossa risorsa nel crowdfunding. Forse alcuni avranno già sentito parlare di siti come Kickstarter o simili: sono dei portali attraverso i quali puoi promuovere la tua idea, e consentire a chiunque la reputi buona di fare una donazione. È uno strumento che in Italia viene utilizzato pochissimo, ma che raccomando a chiunque si trovi costretto ad abbandonare un sogno a causa della mancanza di fondi».

Insomma, eccovi svelato cos’è PIE. Forse anche voi come me non siete dei fanatici delle “nuove tendenze tecnologiche”, ricordo però che fino ad un paio di anni fa giuravo che mai avrei avuto uno smartphone, e invece… In ogni caso, è bello sapere che esiste un’Italia fatta di giovani che si mettono in gioco, che credono in progetti difficili e che, nonostante le difficoltà,  vogliono che il loro sogno sia interamente italiano.

JULIAN BIONDI
LINKwww.pieportable.com