Normalmente non commento i lutti su internet, ma la fine della parabola di Fidel Castro mi invita a riflettere mentre l’opinione pubblica internazionale, come sempre sul Lìder Maximo, si divide.
Spesso diciamo che la storia è scritta dai vincitori, ma in realtà è scritta da coloro che alla storia sopravvivono, e di Fidel Castro molte cose i sopravvissuti diranno. Fu un uomo indomito, un grande eroe rivoluzionario, prova vivente del potere della volontà e degli ideali come strumenti contro ogni tirannide.
Fu a sua volta dittatore e persecutore, prova vivente del rischio che corriamo di divenire ciò che più arditamente combattiamo. Fu un benefattore del proprio popolo, unico vero amore della sua vita, eppure di esso anche il principale aguzzino: diede ai Cubani la sanità e l’istruzione pubblica migliori, ma ne costrinse innumerevoli a fuggire dall’isola per le loro idee e identità.
Più che usare la sua morte per schierarsi a favore o contro quest’uomo che, praticamente solo, si oppose a un impero e, sempre solo, dominò uno stato, sfruttiamola per vedere la sua complessità, che è anche la nostra. Più che santo o peccatore egli fu, come altri importanti personaggi, uomo capace di dare all’epopea umana un grande respiro e al contempo di calarla nelle più oscure tenebre. Se la Storia giudicherà Castro per la sua vita possiamo però dire che, già da tempo, la vita di Castro ha giudicato la Storia.
NICCOLÒ BRIGHELLA