Il Velodromo di Via Bellini a Firenze è stato la prima casa della Fiorentina ma anche il teatro di sfide entusiasmanti a bordo di una bicicletta. Una di queste ha visto come protagonisti Alfonsina Morini Strada e Costante Girardengo: il resto è ancora oggi leggenda
Vi farò vedere io se le donne non sanno stare in bicicletta come gli uomini. (A. Morini Strada)
Alfonsina Morini Strada e il Velodromo di Via Bellini hanno legato la propria storia in modo indissolubile. La prima è stata rivoluzionaria in tutto e per tutto. Non soltanto nell’atto di andare contro ma anche nell’ambito in cui questa sua indiscutibile energia si è sviluppata. Il secondo è stato culla e poi casa e poi templio della neonata Fiorentina, prima che questa una volta cresciuta lasciasse per sempre il proprio nido. Ma non solo perché anche la bicicletta ha contribuito a rendere immortale la storia di un pezzo di Firenze che ormai non c’è più.
Un anello esterno in cemento, una pista interna in pirite e un prato d’erba verde con annesse strutture in calcestruzzo per servizi e ricreazione. Questo era il progetto che l’architetto Baldacci consegnò nel lontano 1920 a Callisto Pontello. Questo si era preso la briga su commissione del marchese Luigi Ridolfi Vay da Verrazzano, di costruire un impianto sportivo come non se ne vedevano all’epoca. In tale spazio sarebbero state soddisfatte le necessità degli sport più importanti e in voga in quel momento. Un Velodromo per il ciclismo, una pista in cui poter correre e uno spazio verde per giocare a calcio. Nacque cosi su un terreno situato tra via Vincenzo Bellini e via Maragliano il nuovissimo Velodromo di Via Bellini.
Il Velodromo di Via Bellini: come nasce un mito
L’impianto era dotato di due tribune parallele. Una coperta e destinata alle autorità fiorentine dell’epoca e l’altra invece scoperta, con soli posti in piedi in cui potevano “ammassarsi” tutti gli altri. Alla fine circa diecimila spettatori riuscivano ad usufruire contemporaneamente dello spettacolo sportivo del nuovo impianto. Negli anni Venti questo risultò essere insieme al Velodromo delle Cascine il cuore sportivo pulsante della città di Firenze.
Per cinque anni, dal 1926 al 1931 ospitò anche le partite casalinghe della neonata AC Fiorentina, sodalizio calcistico formatosi dalla fusione tra il Club Sportivo e la Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas. Da ricordare la prima gara ufficiale disputata contro il Pisa e vinta 3-1 indossando delle fiammanti divise rosso scuro. Con la stessa livrea ci fu anche il primo impegno internazionale, contro il Lugano in amichevole. Si dovette attendere fino al 1929 prima che la Fiorentina entrasse sul campo di Via Bellini indossando le nuove casacche viola. Furono sfoggiate in occasione di una partita di esibizione contro la Roma. Fortemente volute dall’allora presidente Ridolfi, che vide nel viola la naturale fusione di bianco e rosso, colori storici della città.
Il campionissimo Costante Girardengo
L’impianto venne pensato principalmente come teatro per le corse in bicicletta e fu infatti inaugurato nel 1922 durante l’arrivo della terza tappa del Giro d’Italia, che si concluse in volata proprio sul cemento del Velodromo di Via Bellini. A vincere non potè che essere il campionissimo dell’epoca, quel Costante Girardengo che poi si sarebbe aggiudicato anche la classifica finale. Girardengo rimase stupito dalla maestosità e dalla perfezione di quella pista in cemento tanto che sarebbe tornato più volte in futuro.
Anche l’anno successivo il Giro fece tappa a Firenze e venne ancora scelto il Velodromo come teatro per accogliere l’arrivo dei corridori. Girardengo purtroppo non partecipò a quell’edizione, in aperta polemica con gli organizzatori Emilio Colombo e Armando Cougnet, dirigenti de La Gazzetta dello Sport, che non avevano stanziato fondi soddisfacenti e avevano permesso ad una donna di iscriversi alla competizione. Girardengo era un tipo che da ragazzino faceva fino a cento chilometri al giorno, sui saliscendi liguri, per motivi di lavoro e non si sarebbe piegato al volere degli organizzatori, definendo quella edizione del Giro come una pagliacciata.
Quella donna era Alfonsina Morini Strada e quello era il più significativo incrocio tra il “grande campione” poi cantato da De Gregori e la piccola ciclista emiliana che con i suoi gesti sfidava il mondo maschilista del ciclismo di allora. Ma Girardengo non era uomo semplice per quanto fosse un vero e proprio campione in sella. Mai si sarebbe tirato indietro di fronte ad una ferma convinzione, come quando nelle caserme parigine andò a testimoniare per l’amico-bandito Sante Pollastri, che conosciuto ad una Sei Giorni francese, gli confidò tutto il suo tifo. Girardengo venne ascoltato dalla gendarmeria parigina che cercava conferme per arrestare ed estradare il bandito italiano.
Alfonsina Strada e il Velodromo Bellini: il “Giro” del 1923
Un Giro d’Italia orfano di molti campioni arrivò nel Velodromo fiorentino di Via Bellini il 12 Maggio 1923. Qui Federico Gay ebbe la meglio su Giuseppe Enrici per una manciata di metri, anche se poi l’Enrici si prese la rivincita andando a conquistare la Maglia Rosa sul podio di Milano.
Si trattò di una tappa di oltre 300 chilometri che vide arrivare al traguardo i corridori stremati ma soddisfatti. A fare da contraltare all’assenza dei big del ciclismo dell’epoca c’era invece la presenza della prima donna mai ammessa alla partenza di un Giro d’Italia. Il suo nome era appunto Alfonsina Morini e per poter correre in bicicletta aveva lasciato la famiglia, sposandosi con Luigi Strada che di lei divenne meccanico e manager oltre che marito. Il regalo di nozze fu una fiammante bici da corsa con cui Alfonsina iniziò a correre (e vincere) contro gli uomini. Quel giorno Alfonsina entrò nel Velodromo fiorentino per 56^ a circa due ore dal vincitore. Qui un roboante boato e gli applausi del pubblico l’accolsero trionfante. Inoltre venne salutata calorosamente dalla città di Firenze che regalò alla ciclista emiliana un enorme mazzo di rose rosse.
Di lei si cominciò a parlare in tutti gli ambienti e pochi giorni dopo Silvio Zambaldi scrisse su La Gazzetta dello Sport “In sole due tappe la popolarità di questa donnina si è fatta più grande di quella di tutti i campioni assenti messi insieme. Lungo tutto il percorso della Genova-Firenze non si è sentito che chiedere: – C’è Alfonsina? Viene? Passa? […] D’altronde a quale scopo, per quale vanità sforzarsi d’arrivare un paio d’ore prima? Alfonsina non contende la palma a nessuno, vuole solo dimostrare che anche il sesso debole può compiere quello che compie il sesso forte. Che sia un’avanguardista del femminismo che dà prova della sua capacità di reclamare più forte il diritto al voto amministrativo e politico?”
Alfonsina Strada e Costante Girardengo: la sfida del Velodromo Bellini
Era chiaro che quella che era nata come una semplice passione sportiva stava assumendo connotati d’avanguardia e che il messaggio portato da Alfonsina Morini Strada tracimava dall’asfalto delle strade per spostarsi in ogni ambito sociale. Vi farò vedere io se le donne non sanno stare in bicicletta come gli uomini.
Quell’episodio non passò certo inosservato nel mondo del ciclismo. Girardengo non perse l’occasione di tornare a Firenze durante un evento celebrativo nel Velodromo Bellini, evento al quale avrebbe preso parte anche Alfonsina. Il teatro divenne l’occasione per poter mettere di fronte il più grande ciclista italiano Costante Girardengo, detto il campionissimo, e la migliore ciclista femmina del momento, unica donna in grado di partecipare al Giro d’Italia insieme agli uomini, Alfonsina Morini Strada.
I due si sfidarono in pista, cercando di mantenere un carattere amichevole. Girardengo accettò di buon grado, vedendo il contesto come il palcoscenico ideale per rimarcare la sua superiorità fisica e tecnica sulla bicicletta. Alfonsina Strada invece, pur conscia dell’inferiorità fisica derivante dalla differenza di genere, accettò sapendo che riuscire a coinvolgere in questo evento il campionissimo Girardengo sarebbe stato in ogni caso un enorme successo. E così fu.
Girardengo scherzò nei primi giri portandosi dietro la sua avversaria, prima di accelerare e staccarla definitivamente. I due arrivarono al traguardo staccati di oltre un giro e mezzo. Mentre il campionissimo si prendeva l’ovazione del pubblico in festa Alfonsina Morini Strada sapeva di aver compiuto un passo enorme per il movimento femminile. Non si trattava di reclamare una parità fisica che per natura può avere le sue differenze, quanto chiedere un’attenzione e una presa di coscienza verso la determinazione del genere femminile come capace di poter svolgere qualsiasi attività sportiva alla pari dei maschi.
Il declino del Velodromo Bellini dopo Alfonsina Strada
Al Velodromo Bellini non bastarono le gesta straordinarie di Alfonsina Strada e Costante Girardengo. La modernità e la necessità di creare qualcosa di più grande e performante ebbero la meglio di li a poco.
L’impianto vide lentamente nascere il suo declino. Il vicino impianto delle Cascine soppiantò l’utilizzo della pista in cemento e la costruzione dello Stadio Giovanni Berta, poi Artemio Franchi, vide emigrare anche l’AC Fiorentina. L’impianto resistette fino agli anni cinquanta prima di essere demolito a favore dello sviluppo urbanistico cittadino. Oggi in quel luogo c’è una targa in marmo che ne fissa perennemente il ricordo. Un luogo in cui lo sport ha visto imprese e gesta che non si dimenticano e in cui uomini e donne coraggiosi hanno scritto la storia di Firenze e della collettività.