A Firenze, in pieno centro storico, tra Piazza Santa Trinita e Via Tornabuoni, si trova il celebre palazzo Bartolini Salimbeni, costruito da Baccio d’Agnolo. Risalente al ‘500, fu voluto da una famiglia di origini senese, la quale costruì un vero e proprio impero in territorio fiorentino in modo alquanto curioso.
Da Siena, un primo esponente dei Bartolini giunse a Firenze all’inizio del ‘300 e, nel giro di pochi anni, divenne uno degli uomini d’affari più ricchi di tutta la città. Tanto era il tempo dedicato al lavoro che la famiglia scelse come motto personale “Per non dormire”, impresso poi in alcune finestre del palazzo, accompagnato da un anello che racchiude tre papaveri. Lavoratori instancabili e infaticabili, fu anche grazie alla loro scaltrezza se riuscirono ad arricchirsi nel giro di poco tempo.
Prima che il poeta D’Annunzio la facesse sua –associando il suo estro creativo a lunghi notti insonni- l’origine del motto si riconduceva ad uno specifico fatto. Si racconta infatti che un membro della famiglia Bartolini, appresa la notizia dell’arrivo a Firenze di un carico di lana, decise di allestire un suntuoso banchetto al quale invitò tutti i suoi concorrenti in affari. Il motivo? Servire loro vino e pietanze drogate con l’oppio -stupefacente soporifero ricavato proprio dal papavero- per accaparrarsi così tutto il carico del carro prossimo all’arrivo in città.
Secondo un’altra versione dei fatti, l’episodio si sarebbe consumato nella città di Venezia, dove un Bartolini drogò tutti i membri della Corporazione con i quali era partito, in modo tale da poter condurre –e concludere- da solo gli affari con i mercanti della città.
Secondo una terza e ultima versione, l’oppio sarebbe stato destinato dalla famiglia Bartolini Salimbeni ai rivali storici, la famiglia Tolomei, per riuscire ad accaparrarsi le pregiatissime sete orientali giunte con una nave al porto di Talamone nel corso del ‘300.
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