Piazza della Repubblica a Firenze: da squallore a nuova vita

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“L’antico centro della città da secolare squallore a nuova vita restituito”: storia di Piazza della Repubblica a Firenze, da ombelico della città romana ai giorni nostri.

In ogni grande città è possibile trovare almeno una piazza, una strada o persino un quartiere che a guardarlo mentre passeggiamo ci appare come completamente distaccato dal contesto circostante, come se fosse un mondo a parte, una realtà nella realtà. E a Firenze, ovviamente, non poteva non mancare anche questa caratteristica rappresentata, senza ombra di dubbio, da una delle piazze più affollate del centro storico e forse anche una di quelle che, a livello di storia, ha più da dire, ovvero Piazza della Repubblica. Ma a rapirci non è soltanto questa sua diversità, per così dire, che ci sembra non avere nulla a che fare con “l’atmosfera fiorentina”, ma anche le dolci note di malinconici ma gradevoli brani musicali eseguiti dai tanti artisti di strada che proprio in questa piazza si esibiscono, soprattutto al tramonto, quando una suggestiva e accogliente luce arancione avvolge ogni cosa.

Una delle prime cose che cascano all’occhio in Piazza della Repubblica è la giostra per bambini (ma anche adulti); nessuno però sa che un tempo, quando Piazza della Repubblica si chiamava Piazza del Mercato Vecchio, al posto della giostra si trovava la Loggia del Pesce che oggi è possibile ammirare in Piazza dei Ciompi, dove fu trasferita in seguito al Risanamento. Ma adesso facciamo un po’ di “ordine storico”, per così dire, per meglio capire e conoscere come nacque e come si trasformò questa piazza.

Piazza della Repubblica si trova dove sorgeva l’antico Foro Romano della città e dove si incontravano il Cardo (Via Roma, Via Calimala, Via Por Santa Maria) e il Decumano (Via del Corso, Via degli Speziali, Via Strozzi), di cui purtroppo oggi non si conserva niente, escludendo quelli che furono alcuni ritrovamenti archeologici avvenuti nell’ 800 che indicavano la presenza di edifici di culto e di un complesso termale verso sud, dove, non a caso, si svincola, tra le altre, la caratteristica via delle Terme.

Durante L’Alto Medioevo, la zona accerchiante la piazza venne densamente edificata, tanto che orti e giardini quasi sparirono per dar vita a case-torri, le uniche costruzioni che, essendo verticali, potevano trovare spazio nel gremito e angusto centro di Firenze. Così la piazza, circondata e forse asfissiata da palazzi, vicoletti e tabernacoli ammassati l’uno sull’altro, dopo l’anno Mille venne denominata Piazza del Mercato, in quanto così come piazza Duomo rappresentava il potere religioso e piazza della Signoria il potere politico, all’odierna piazza della Repubblica fu destinato, invece, il potere commerciale, diventando così uno dei crocevia più importanti della città. Se di tutto quello di cui stiamo parlando, oggi ce n’è ben poca traccia, fortunatamente la quattrocentesca Colonna dell’Abbondanza, detta anche della Dovizia, è possibile ancora ammirarla, essendo stata risparmiata dal rifacimento urbanistico messo in atto durante il Risanamento ai tempi di Firenze Capitale (1865-1871).

La colonna, rappresentante “l’ombelico della città”, ovvero il centro esatto, è sormontata da una replica in resina di una statua in pietra serena che rappresenta, per l’appunto, la Dovizia realizzata da Mario Foschi nel 1956, copia a sua volta di un’opera di Giovan Battista Foggini che sostituiva una scultura di Donatello che andò purtroppo perduta.

Ma è ancor più interessante e intrigante sapere il perché della presenza di due cerchi di ferro che abbracciano la colonna; ebbene, uno (quello più in alto) serviva a reggere la campana che suonava ad indicare l’inizio e la fine dell’attività del mercato, e l’altro (quello in basso), invece, per una ragione più particolare ma anche peculiare, ovvero per incatenare i truffatori e i commercianti disonesti in modo che la gente potesse beffeggiarli, spregiarli e deriderli, modus operandi che nella Firenze dell’epoca andava piuttosto di moda per punire chi compiva reati minori, perché poi per i reati più gravi c’era direttamente il boia.

In seguito, e precisamente nel 1571, nella piazza vi fu istituito anche il Ghetto Ebraico voluto da Cosimo I per distanziare, escludere e imprigionare gli ebrei presenti in città, relegati unicamente all’attività commerciale, cosa che accadeva in tutte le altre grandi città italiane dell’epoca. E anche del Ghetto oggi non resta niente, a causa del già citato “Risanamento” voluto da Re Vittorio Emanuele II per la città di Firenze, che in questo caso portò a radere al suolo la piazza con il conseguente abbattimento degli edifici e la costruzione di nuovi che andassero maggiormente incontro al gusto della Borghesia emergente, utilizzando però il pretesto di dover provvedere alle condizioni igienico-sanitarie, ormai in stato pietoso, che nascondeva in realtà un’ambiziosa speculazione edilizia.

A spingere per questo progetto furono anche alcuni personaggi in vista all’epoca, come ad esempio il giornalista Jarro (Giulio Piccini) che nel suo libro “Firenze Sotterranea” denunciava ampiamente il problema dell’igiene. La piazza venne così denominata Piazza Vittorio Emanuele II, tanto che vi fu collocato anche un bronzo equestre raffigurante il Re, il quale oggi però è possibile ammirare nella Piazza omonima che precede l’ingresso al Parco delle Cascine, e, di conseguenza, il mercato venne trasferito nell’area di San Lorenzo.

La piazza divenne il vero e proprio “salotto buono” di Firenze, circondata da sontuosi palazzi ottocenteschi che il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini, senza troppi giri di parole, definì “Porcherie”, mostrando il suo disprezzo per il gusto borghese. Sul lato meridionale della piazza, venne edificato anche un Arco di Trionfo che segnava il fastoso passaggio dalla piazza a Via Strozzi e poi alla raffinata Via De’ Tornabuoni, nonché maestosi portici ai lati dell’arco, il tutto ad opera dell’architetto Vincenzo Micheli.

I portici, sotto i quali camminano oggi orde di turisti, ospitano alcuni negozi, tabaccherie, edicole, la Posta Centrale e l’internazionale Hard Rock Cafe, ma anche un variopinto mercato di fori e piante che si tiene ogni giovedì, tranne quelli festivi, dalle 8 alle 14.

Oltre i pomposi palazzi e l’arco di trionfo, il quale richiamava non poco i fasti dell’antica Roma, sorsero anche altri edifici, tra cui l’ancora oggi esistente Pensione Pendini, situata nell’edifico dell’Arco, fondata nel 1879 da un membro della famiglia Pendini e pensata per ospitare i viaggiatori in un’epoca in cui, ormai, era in voga compiere da parte di intellettuali facoltosi dell’aristocrazia europea il famoso “Grand Tour”. E poi ancora il Palazzo del Trianon inaugurato nel 1891 che oggi ospita i grandi magazzini La Rinascente, il Savoy eretto nel 1898 e adibito a struttura alberghiera quale è ancora oggi e il neorinascimentale Palazzo Levi, risalente al 1893.

Ma di notevole importanza storica e culturale sono senz’altro i caffè storici che circondano tutt’oggi la piazza, tranne il Caffè Gambrinus purtroppo non più esistente e al posto del quale troviamo l’Hard Rock; tra quelli che possiamo ancora ammirare e frequentare, ci sono il celebre caffè Le Giubbe Rosse (1897) chiamato così perché i camerieri di questo caffè indossavano, per l’appunto, giubbe rosse secondo la moda viennese del tempo. Divenuto vivace cenacolo letterario, ospitava futuristi e fu teatro, infatti, della celebre rissa tra i futuristi milanesi di Marinetti e gli artisti fiorentini riuniti nella rivista La Voce.

Negli anni, divenne il caffè letterario per eccellenza e i suoi interni videro la presenza di ben noti e attivi partecipanti dell’esuberante vita culturale fiorentina come Eugenio Montale, il pittore Ottone Rosai, Aldo Pallazzeschi, Elio Vittorini e altri ancora. Purtroppo, il destino di questo caffè è stato non scarso di controversie e intoppi che hanno portato al fallimento della società che gestiva il locale. La riapertura del caffè ad opera di una nuova società si sarebbe dovuta verificare nel 2020, ma la pandemia Covid-19 ha fatto slittare a data da destinarsi la rinascita di questo bellissimo e antico caffè letterario.

Sull’altro lato della piazza, dentro all’edificio del già citato Palazzo Levi, si erge il caffè Paskowski, fondato nel 1903 dall’omonima famiglia polacca, il quale divenne un caffè concerto, caratteristica che ancora oggi conserva. Inutile dire che gustare un aperitivo sia all’interno del locale, con i suoi arredi stile primo Novecento, quanto all’esterno, accompagnati magari dalle note di un abile pianista all’opera, è un’esperienza sicuramente da provare.

Accanto a Paskowski, all’angolo con Via Roma, si trova il caffè Gilli, dichiarato nel 1991 monumento nazionale. Fondato dall’omonima famiglia svizzera durante il secondo decennio del Novecento, è oggi l’unico esempio rimasto a Firenze di caffetteria in stile “Belle époque” con ancora i suoi arredi originari del tempo, i suoi soffitti affrescati e i lampadari in vetro di Murano; entrare al suo interno, sedersi a uno di quei tavolini e gustare un delizioso pasticcino davanti a una fumante tazza di thè è sicuramente un tuffo in un’epoca affascinante, forse una delle più leziose e viziate nella storia, caratteristiche che un luogo come il caffè Gilli, indubbiamente, evoca ancora in modo straordinario.

Ma questo caffè, oltre che per le frequentazioni di letterati e uomini di cultura, è famoso anche per un altro dettaglio, ovvero una fotografia (American Girl in Italy 1951) scattata dalla celeberrima fotografa e regista statunitense Ruth Orkin (1921-1985), proprio davanti alle vetrine di Gilli, la quale ritrae una ragazza 23enne che, camminando da sola con espressione timida e, allo stesso tempo, con passo risoluto e sicuro, attraversa un gruppo di ben 15 uomini che la guardano e la scrutano incuriositi.

©2024 Ruth Orkin Photo Archive

Insomma, Piazza della Repubblica, poi denominata così in seguito alla nascita della Repubblica Italiana, è una di quelle piazze che ha visto passare la storia, ma che l’ha anche subita e forse non sempre in bene, ma che in ogni caso ci può raccontare molto; non tutti hanno apprezzato, né in passato né tantomeno oggi, l’evoluzione estetica di questa piazza che l’ha portata ad essere quella che è attualmente, quasi un plastico piazzato a caso tra gli edifici antichi e medievaleggianti del centro storico di Firenze, che scompiglia la visione generale di questa città come un difetto in mezzo a tanta bellezza. Sarebbe, però, interessante non soffermarsi al primo sguardo ma conoscere la storia che c’è dietro e che ha portato Piazza della Repubblica dall’essere oppressa da un groviglio di torri, edifici e viuzze a una potente razionalizzazione che le ha conferito un aspetto aggraziato e armonico, seppur estraneo al quadro di insieme che i nostri occhi hanno della città.

E se proprio lo sguardo del visitatore frettoloso non si soffermerà solo all’apparenza delle cose e si ergerà un po’ più in alto, sia metaforicamente parlando quanto in senso pratico, non sfuggirà di sicuro la solenne iscrizione, attribuita al critico letterario e politico Isidoro del Lungo (1841-1927), la quale, posta in cima all’Arco Trionfale, recita: “L’ANTICO CENTRO DELLA CITTA’, DA SECOLARE SQUALLORE A VITA NUOVA RESTITUITO”. Solo a quel punto, si potrà lasciare questa piazza, sotto le carezzevoli note che ci avevamo rapito poco prima, e continuare la visita di Firenze, sicuri di non aver tralasciato la storia, quella che rende una città davvero importante.

Articolo a cura di Valentina Vetrano