“Dio voglia che questa mia vita ti faccia più quieta”. Guglielmo Libri è stato un fiorentino esuberante: matematico, membro dell’Accademia delle Scienze di Parigi, bibliofilo e soprattutto… Un celebre ladro di libri rari!
È il 24 agosto 1869. Un uomo alle soglie dei settant’anni si affaccia dalla sua finestra di Villa Vannini, a Fiesole. È consapevole di essere allo stremo delle forze. Di essere una pianta moribonda, sotto la cui ruvida corteccia si cela un cuore tenero, capace di sentimenti che la penna non sa spiegare. Ha appena dettato l’ultima lettera di una vita intera, trascorsa quasi sempre a fuggire. Indirizzata all’amico Silvestro Gherardi, la missiva si apre con una frase sibillina: “il meglio è stato sempre gran nemico del bene”.
L’uomo, stanco e acciaccato, fra un mese e quattro giorni sarà morto.
Guglielmo Libri nasce a Firenze, nel popolo di San Remigio, alle 9 di sera del 2 gennaio 1802. Cresce accudito dalla madre, a cui lo legherà sempre un affettuoso debito di gratitudine. Il piccolo Bruto – come viene chiamato dal padre, incarcerato in Francia per l’emissione di false cambiali – cresce fra mille difficoltà economiche. La sua famiglia riesce tuttavia a garantirgli un’ottima educazione.
A soli quattordici anni è ammesso all’Università di Pisa. Dotato di una naturale inclinazione alla matematica, a diciassette anni riesce a dimostrare il cosiddetto Ultimo Teorema di Fermat. Nel 1823 riesce a farsi esonerare dall’insegnamento e parte alla volta dell’unico luogo che possa contenerlo: Parigi. Strada facendo, non manca di fermarsi a Ginevra per visitare la casa di Voltaire. È qui che dal suo epistolario emerge per la prima volta un aspetto molto importante della sua personalità. Come scrive alla madre, infatti, il giovane scienziato ha sottratto dalla casa del filosofo una “reliquia”, che prontamente spedisce a casa come souvenir: è un pezzetto del cortinaggio del letto di Voltaire, che ho strappato.
Introdotto all’Accademia delle Scienze di Parigi, arriva pure a conoscere il re Carlo X. Grazie alle nuove e altolocate amicizie, Guglielmo ottiene così la liberazione del padre dalla prigionia. Nel suo secondo viaggio a Parigi (1830), incappa in un interessante codice di Leonardo da Vinci sul volo degli uccelli, conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano (Io sono innamorato di quei manoscritti per molte ragioni, e specialmente perché dentro vi sono l’ingegno e il cuore di Leonardo tutti interi).
Da questo punto della sua vita, possiamo dire che la collezione di manoscritti rari diventerà un’abitudine. A farne le spese, nello specifico, saranno soprattutto la Biblioteca Laurenziana di Firenze e le biblioteche francesi. Sopravvissuto alle epurazioni del 1830, Libri viene eletto membro corrispondente dell’Accademia delle Scienze parigina. Iniziano i suoi anni ruggenti, che lo vedranno insegnare alla Sorbona, diventare ispettore delle biblioteche di Francia (1839) e membro del Collège de France. Sfruttando la sua posizione di ispettore e i lauti stipendi che percepisce, si costruisce ben presto una biblioteca privata fra le più grandi al mondo.
Con fare metodico e senza farsi grandi scrupoli, raccoglie 30.000 volumi fra libri di letteratura, astronomia, botanica, geodesia e, soprattutto, edizioni rare o preziose, manoscritti autografi e chi più ne ha più ne metta. Nel 1848, però, iniziano a circolare inquietanti accuse sul suo conto.
Si parla di furti e ruberie che Guglielmo Libri avrebbe compiuto in svariate biblioteche francesi. Non potendo più contare sull’appoggio dei suoi amici, in una temperie politica molto più delicata, Libri si dà alla macchia. Direzione: Londra. In questi anni è costretto a liquidare buona parte della collezione per pagarsi i debiti. Nella magniloquente introduzione al catalogo del 1859, in cui mette in vendita 1190 manoscritti rari, parla di testi di ogni epoca, in ogni lingua e in ogni ramo dell’umano sapere. Giunto alla fine dei suoi giorni, nel luglio del 1868, si imbarca verso l’Italia con ciò che resta della sua favolosa collezione. Circa la metà di quel patrimonio viene disperso subito dopo la sua morte, così da assistere la vedova, mentre il resto è acquistato dagli amici.
Guglielmo Libri, invece, si trasferisce definitivamente nel Cimitero delle Porte Sante di San Miniato al Monte.