Sulla bocca di tutti ultimamente per il colpaccio del secolo, l’acquisto di Borja Valero, il Lebowski è molto più di una società sportiva, è comunità che vive il calcio partendo dai valori che può portare: inclusività e voglia di stare insieme.
Questi i motivi che hanno fatto ricadere sul Lebowsky la scelta dell’ex giocatore viola per questa stagione: il calcio come voglia di divertirsi insieme, la possibilità di incontro e di aggregazione. Il Centro Storico Lebowsky infatti anche in periodo di pandemia ha portato avanti le sue attività tra allenamenti della scuola calcio distanziati, assemblee dei soci in streaming, tombola online, una sagra organizzata nel pieno rispetto delle regole. Per capire come si è reinventato il Lebowski e come si muoverà nel prossimo futuro abbiamo fatto due chiacchere con la sua vicepresidente, Matilde Emiliani.
In tempi di covid si sa, tutti devono fare i conti con distanziamento, problemi sociali ed economici, anche realtà come il collettivo Centro Storico Lebowski, che da anni operano sul territorio fiorentino. Siamo andati a trovarli per capire come hanno affrontato questa crisi pandemica fra nuovi progetti e vecchie sfide. Ce lo racconta Matilde Emiliani, la vicepresidente dell’associazione.
Come si è reinventato il Centro Storico Lebowski per fronteggiare la pandemia?
Abbiamo provato, come immagino tanti in questo anno, a mantenerci operativi e attivi. Ci siamo reinventati adeguandoci alla situazione, facendo assemblee dei soci in streaming, una sagra nel pieno rispetto delle normative, tombolate online, allenamenti di scuola calcio distanziati. Dal punto di vista del sostentamento quest’anno abbiamo deciso di metterci alla prova con quella che è la nostra idea di auto-organizzazione: attraverso la campagna 800×100 come socie e soci del Lebowski abbiamo direttamente contribuito al funzionamento della cooperativa, misurandoci con la nostra capacità di far fronte alle difficoltà di questo periodo contando sulle nostre forze. Questo ci ha permesso di esercitare concretamente la nostra idea di proprietà collettiva.
Cosa avete in cantiere per i prossimi mesi?
Stiamo immaginando la prossima stagione, con moltissimi interrogativi. Le assemblee grigionere sono frequenti (ogni settimana), per parlare di tutto ciò che compone il mondo dei drugati: scuola calcio, comunicazione, merchandising, eventi, curva. È stato, ed è molto difficile immaginare e sognare in questo momento di staticità; ci siamo scontrati con questa difficoltà e lo sforzo che abbiamo fatto in questi mesi è stato proprio quello di continuare a sognare cosa vorremmo fosse il Lebowski.
Per chi non lo sapesse, ci racconti cos’è il Centro Storico Lebowski?
Il Centro Storico Lebowski è una società cooperativa sportiva dilettantistica nata come emanazione della propria tifoseria. Sono circa novecento le socie e i soci che animano la comunità grigionera e che ogni settimana sono impegnati in assemblee, allenamenti, confronti, discussioni, processi creativi.
Come mai avete deciso di diventare, nel settembre del 2018, una cooperativa sportiva?
Questa decisione è nata dalla necessità di trovare una forma giuridica che esprimesse al meglio la nostra idea di proprietà collettiva. Diventare cooperativa ci ha permesso di reinventarci, allargando fortemente la nostra base sociale.
Dal calcio dilettantistico a 11 maschile a quello femminile, dagli amatori alla scuola calcio passando per il calcio a 5: com’è strutturata la cooperativa Lebowski per gestire così tanti tesserati?
Dopo la nascita della cooperativa abbiamo deciso di darci una nuova organizzazione per, appunto, coinvolgere più persone. Si sono creati i gruppi operativi, cioè socie e soci si sono messi a disposizione della cooperativa per contribuire al funzionamento di un’area. I gruppi operativi nati sono: dilettanti, scuola calcio, eventi, amministrazione, comunicazione, territorio, merchandising, bandi e progetti. Ogni gruppo operativo ha eletto un responsabile, che ha il compito di interfacciarsi con il CDA all’interno del consiglio di gestione. Le responsabilità sono diventate più condivise.
Quali sono i traguardi di cui andate più orgogliosi?
Posso raccontarti quelli per i quali vado orgogliosa io. La squadra di calcio a 5 femminile del Lebowski, Mele Toste, fondata insieme alle mie amiche, per la legittimità e il coraggio che ci ha dato. Aver aumentato la condivisione di responsabilità che, solo fino a due anni fa, erano costretti in pochi a gestire. Allargando la base sociale e coinvolgendo sempre più socie e soci nei processi decisionali.
Come vive questa realtà chi contribuisce a renderla, ogni giorno, quella che è?
Mi sono avvicinata al Lebowski mentre frequentavo l’università, in un momento della mia vita in cui ero alla ricerca di me stessa. Entrare nel mondo del grigionero ha contribuito fortemente alla mia crescita. Il Lebowski è una grande famiglia, un progetto che non ha a che fare con il profitto, che non riguarda l’affermazione di pochi. Il Lebowski riguarda un’intera comunità, fatta di persone, ormai di ogni età, e composta da chiunque creda nel protagonismo, nell’auto-organizzazione, l’aggregazione, l’anti-sessismo, l’antifascismo, l’anti-razzismo.
Cosa vorreste diventasse il Centro Storico Lebowski nei prossimi anni?
I desideri più grandi sono due: da un lato essere meno nomadi e radicarci ancora di più sul territorio e dall’altra trovare le modalità per rendere sicuro il progetto nel tempo. Ogni giorno la cooperativa si muove per far si che ciò possa avvenire.
Foto di Ilaria Festa e Sara Esposito.