Chiara Negrello: raccontare il rituale della quotidianità 

David Chiara Negrello
Eleonora Pucci as she dusts the David. Florence, November 21, 2022. Chiara Negrello for The New York Times.

Chiara Negrello, veneta di nascita e fiorentina d’adozione, è una giovane fotografa che vanta già pubblicazioni importanti. E per il New York Times ha scattato un’immagine iconica di Firenze. 

Chiara Negrello, classe 1995, è arrivata a Firenze da Rovigo nel novembre 2014 per studiare fotografia alla LABA, attratta dall’idea di fare fotogiornalismo. Prima di laurearsi ha fatto pratica in uno studio fiorentino e in seguito ha portato avanti dei lavori di natura commerciale per finanziarsi. Parallelamente viaggiava per nutrire la sua passione per il reportage. «Mi hanno sempre interessata le storie di persone e quando ho comprato la prima macchina fotografica ho capito che era un mezzo incredibile per raccontarle. Pure alle superiori mi portavo sempre dietro la reflex. La fotografia mi spinge a fare cose che normalmente non farei. Ad esempio quando sono partita da sola per l’Ecuador senza conoscere nessuno» esordisce Chiara. 

A Quito ha conosciuto una ragazza della rete femminista ecuadoregna che le ha raccontato di come nella capitale non ci fosse un sistema organizzato di raccolta differenziata dei rifiuti, così ci sono delle donne che escono di notte per raccogliere quello che trovano di rivendibile tra la spazzatura. Rovistano nei rifiuti prima che passino i camion della nettezza urbana e vivono di quel commercio informale. «Immortalarle è stata un’esperienza che mi ha segnata, perché mi ha fatto capire che la fotografia era quello che volevo fare e mi ha spronata a sviluppare un pensiero dietro i progetti». 

Nel marzo 2020 Chiara ha avuto la prima pubblicazione su National Geographic, proprio durante il lockdown. «Con la pandemia tutto si era trasferito da remoto e ho pensato che – dato che tutto il mondo ci vede come il Paese del Vaticano e il cuore del cattolicesimo – potevo testimoniare le messe online. Sono tornata a Rovigo perché lì avevo molti più contatti. Ho fatto alcuni giorni di foto in duomo e le ho proposte al National Geographic che le ha accettate» spiega.

In quel periodo, sempre di sua iniziativa, ha testimoniato anche l’inquinamento da PFAS in provincia di Vicenza. «Sono molto attratta dalle figure femminili che s’impongono, forse le prendo anche come esempio della donna che vorrei essere io al di là della fotografia, e qui c’erano delle mamme che si battevano per avere giustizia. Il progetto è iniziato nel 2019 e l’ho portato avanti fino all’ultimo processo giudiziario. Dopo la sentenza – dove il caso venne riconosciuto come inquinamento ambientale – l’ho proposto al Der Spiegel che poi l’ha pubblicato nel 2021». Nel frattempo lei era già sul Delta del Po a raccontare un’altra storia: la vita delle pescatrici. Dopo sei mesi, anche quella storia è stata pubblicata sul National Geographic.

«Mi è sempre interessata la tematica dell’ascensore sociale, in particolare qui si parla di una zona storicamente povera ma che poi si è arricchita con la pesca delle vongole. Io conoscevo la zona per essere originaria di quelle parti, ma solo lì ho scoperto che metà dei pescatori sono donne e ho trovato la faccenda molto interessante. Ho conosciuto due pescatrici, Oscarina e Giovanna, con cui ho passato del tempo e che mi hanno portato al largo più volte. Pescano insieme da venti anni e quando hanno iniziato questo lavoro gli uomini le schernivano perché la pesca non era considerata cosa per loro. Si sono imposte con la loro tenacia e anche grazie a loro non è più strano vedere donne dedite alla pesca. Sono due persone molto dolci e attaccate alla famiglia nella vita privata, però quando le ho viste in acqua a tirare su queste reti da 50 o 60 kg, a remare, a far fronte alla pioggia, al vento, al freddo mi sono immersa totalmente in questa storia».

Ancora nel 2020, grazie a una borsa di studio, è stata ammessa all’International Centre of Photography di New York. Ha fatto una lettura portfolio con un loro editor che ha passato il contatto di Chiara alla redazione europea del The New York Times, a cui sono piaciute le sue foto. Al giornale hanno saputo che stava lavorando al tema della comunità ucraina in Italia così, quando è scoppiata la guerra, le hanno chiesto un contributo. «Utilizzo il quotidiano come lente d’ingrandimento per altre tematiche. Le badanti ucraine fanno parte della quotidianità di molte famiglie italiane, ma soprattutto con la pandemia hanno avuto un impatto importante, sono le persone rimaste più vicine alla fascia delle persone colpite dal virus. Si prendono cura di persone sconosciute mentre le loro famiglie a casa sono alle prese con la guerra. Vengono assunte per fare un lavoro fisico ma sono giudicate per la loro capacità di gestire le emozioni, soprattutto con quegli anziani che non sono tranquilli. E quando sentono le notizie che hanno bombardato la loro città diventa ancora più difficile gestire il bagaglio emozionale». 

Lyubov Mala reunited with her daughter Khrystyna Mala. Rovigo, 3rd March, 2022. Chiara Negrello

Poi, sempre per il New York Times, ha coperto la lotta di Piombino contro l’approdo della nave gasiera davanti al porto (il gas liquido non a caso arriverà dagli USA). «Mi hanno contattato dicendomi che una loro giornalista, Gaia Pianigiani, stava andando a Piombino per coprire le proteste e quindi l’ho accompagnata per fotografare la manifestazione contro il rigassificatore. Il giorno prima avevo fotografato i tubi di SNAM già posati e ho provato un forte senso d’ingiustizia, l’idea di un Davide contro Golia. Nel momento in cui Piombino si sta rilanciando con il settore ittico, esportando in tutta Italia, si è trovata con una decisione presa senza che la città avesse voce in capitolo» spiega Chiara.

Ugo Preziosi and many other Piombino citizens protest against the regasifier. Chiara Negrello for The New York Times.

Ma la storia che chiedo di raccontare a Chiara è come sia nato il servizio per il New York Times sulla spolveratura del David di Michelangelo, da cui ha tratto una foto iconica, che – dopo essere finita sul celebre giornale – potete trovare in accompagnamento a questo articolo.

«Mi avevano comunicato che entro quattro giorni dovevo recarmi alla Galleria dell’Accademia per la spolveratura del David. Ogni due mesi, di lunedì, quando il museo è chiuso, viene fatta la pulizia della statua. È stata un’esperienza emozionante trovarmi in quello spazio da sola, con l’addetta che munita di pennello e piccolo aspiratore era intenta a spolverare il capolavoro di Michelangelo. Quando il mio servizio è uscito sul The New York Times una di queste foto – accompagnanti l’articolo di Elisabetta Povoledo – era in prima pagina e il mio profilo Instagram stava esplodendo! Tra gli scatti ce n’era uno in cui si vede la mano dell’operatore che con il pennello spolvera il sedere del David. Una foto ironica che ha funzionato – e conferma quanto il David sia famoso all’estero – e dopo otto anni che abito qui sento di aver dato il mio contributo alla città che mi ha adottato». 

E che non sia proprio l’estero nel futuro di questa giovane e determinata reporter? Chiara mi saluta con un’affermazione che suona come dichiarazione d’intenti: «Mi piace raccontare il mio Paese sulla stampa internazionale, ma il desiderio è mettere a frutto gli aspetti universali che accomunano i miei progetti, sulle donne o la quotidianità per esempio, provando a trasferirle da qualche altra parte». 

IG: @negrellochiara

Foto © Chiara Negrello

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