In chiusura alla settima edizione della Primavera di Cinema Orientale, dal 3 allโ8 maggio, in diverse location di Firenze e Prato, si tiene la quinta edizione della rassegna dedicata al cinema โcineseโ Dragon Film Fest.
Il corsivo o le virgolette, in questo caso, sono dโobbligo perchรจ quando parliamo di Cina, in realtร dovremmo usare il plurale: la Cina. Ha tante facce, tante identitร , racchiuse dentro un unico enorme Paese che sta cambiando.
Il cinema, essendo anche un mezzo di rappresentazione e racconto della realtร , non puรฒ essere da meno: come esistono tante โCinEโ esistono altrettante produzioni cinematografiche che, nella rassegna del Festival curata da Riccardo Gelli, trovano la giusta denominazione e collocazione.
Figurano quindi in primis pellicole della Cina continentale, in collaborazione con il Beijing International Film Fest, tra cui โGhost in the Mountainsโ di Yang Heng, presentato nella sezione Panorama al 67esimo Festival di Berlino che racconta in un viaggio tra gli altipiani cinesi, la dark comedy โHave a nice dayโ di Liu Jian, eletto miglior film di animazione ai 54esimi Golden Horse Awards e il commovente โThe Taste of Rice Flowerโ del regista Peng Fei, delicata pellicola sul rapporto madre-figlia presentato a Venezia nelle Giornate degli autori 2017.
Accanto a questi, largo spazio รจ dedicato anche alla cinematografia di Hong Kong, con ben 7 pellicole, tra cui la prima italiana di โ29+1โ di Kearen Pang, lungometraggio dโesordio che segue la vita, le aspettative e le delusioni di due ragazze alla soglia dei trentโanni e altri action movie, con tinte noir, quali โChasing the dragonโ di Wong Jing, incentrato sulla storia di un immigrato clandestino proveniente dalla Cina che si insinua nella Hong Kong colonizzata dagli inglesi nel 1963, e โColor of the gameโ di Kam Ka Wai.
Sempre sul filone thriller,รจ interessante il confronto con lโinterpretazione in chiave taiwanese: il crime thriller โWho Killed Cock Robinโ, scritto e diretto da Cheng Wei-hao, vincitore dei riconoscimenti per miglior attore protagonista e miglior attore non protagonista al 54th Golden Horse, si preannuncia essere ricco di suspence e colpi di scena mentre il film โMissing Johnnyโ di Xi Huang, dove le vite di tre sconosciuti si incrociano sullo sfondo della moderna Taipei, si declina piรน come una sorta di affresco contemporaneo della cultura taiwanese.
In contemporanea al festival, presso Le Murate. Progetti Arte Contemporanea (piazza delle Murate Firenze) sarร visitabile fino al 3 giugno la mostra โThe impossible Black Tulipโ curata da Livia Dubon che esplora il concetto di appartenenza. Il titolo fa riferimento alla prima mappa del mondo cinese conosciuta nello stile europeo: stampata in Cina su richiesta dell’Imperatore Wanli nel 1602, fu progettata dal missionario italiano Matteo Ricci, Zhong Wentao e dal traduttore Li Zhizao. ร nominata โImpossible Black Tulip” per la sua โraritร , importanza ed esotismo”, come dice la Dubon: โAttraverso lโesposizione delle opere dei tre artisti di Macao Eric Fok, Gue Jie CAI, Ka Long Wong lโesposizione mira a esplorare l’area grigia tra ciรฒ che รจ cinese e ciรฒ che รจ europeo, riconoscendo le continuitร e le interruzioni tra le due culture, al fine di sfidare le idee di esotismo e stimolare la conoscenza dellโaltroโ.
Cambiamenti, differenze, similitudini, una serie di elementi discordanti ma tuttavia armonici che tentano di descrivere quella che รจ la Cina di oggi: ogni regista guarda al Drago (da sempre simobolo della cultura cinese) da un punto di vista personale e lโimmagine che ne restituisce รจ parziale, specifica, unica. Ogni regista racconta la sua Cina, dal proprio angolo: insomma, come recita un famoso modo di dire cinese โCโรจ un drago in mezzo a noiโไบบไธญไน้พ (rรฉn zhลng zhฤซ lรณng), tutto sta a capire che faccia abbia.
Rita Barbieri