Flautista, critico musicale, pittore, incisore e autore satirico: intervista al poliedrico artista.
«Eccellenza! Non mire ambiziose, non superbe speranze di premio m’indussero a intitolare questo mio povero lavoro all’Eccellenza Vostra. Bisogno vero di testimoniare in qualche modo a Vostra Eccellenza ammirazione e ossequio, non altro, consigliommi di porre sotto l’autorevole patrocinjo Vostro il frutto delle mie pazienti indagini sui rami dell’arte».
Ospite nello studio del Maestro Federico Maria Sardelli di via dei Serragli a Firenze, avevo pensato che sarebbe stato opportuno esordire così. Comunque, non l’ho fatto.
Federico Maria Sardelli, da Livorno, è un artista di felice intelligenza. Flautista e critico musicale, è protagonista della rinascita del teatro musicale vivaldiano dei nostri tempi, compositore e direttore d’orchestra, responsabile del Catalogo Vivaldiano. È anche pittore, incisore e autore satirico, ma questa è un’altra storia.
È di ceppo toscano. Volto sottile, pizzetto e un bel paio di baffi ben sagomati gli conferiscono una fisionomia curiosa, che ciuffi di capelli argentati contribuiscono a rendere simpatica in maniera definitiva. Indossa occhiali da naso su una figura snella, dettagliatamente abbigliata secondo uno stile, si direbbe, retrò (camicia alla coreana, mocassino con nappine, stretto pantalone blu, lunghi calzini magenta).
«Se avessi un biglietto da visita – non ne ho mai avuti – scriverei che sono un “direttore di orchestra”. Però mi sento profondamente anche pittore e incisore. Mi occupo di molte cose: pubblicazione di saggi, articoli, edizioni critiche musicali del sei-settecento, allo stesso tempo ho all’attivo 45 anni di imbrattamento sulle pagine del Vernacoliere. Tutte cose che amo, e di cui non posso fare a meno. Sono uno che ha bisogno di cambiare, in continuazione. Vado dal ritratto alla sonata per violino, passando per l’incisione, la vignetta satirica… e frequento tutte queste discipline intensamente, con serietà.»
Sardelli è un poliartista, plurisperimentatore, agisce su differenti fronti della creatività: la costellazione è varia, non si tratta di incoerenza, quanto di disposizione alla ricerca.
Fin da piccolo l’arte, soprattutto quella antica, lo attrae e lo distrae da qualsiasi altro interesse. Ancora infante, Sardelli si approccia all’ascolto della musica dei grandi con curiosità: presto impara, autodidatta, il solfeggio, la scrittura, la composizione, l’armonia. Musicista, si accorge di essere posseduto da una spiccata inclinazione per il disegno.
Figlio di padre pittore, si misura col pennello: la prima personale la tiene all’età di 14 anni. Il suo è puro iperrealismo pittorico: forse si può dire che tutta la pittura, anche quella iperrealista, è in qualche modo simbolica. Come simbolica in parte può essere perfino considerata la fotografia: il fatto stesso di incorniciare un’immagine, esprime una scelta che va oltre il significato di rispecchiare un frammento della realtà sensibile.
Il Maestro mi accoglie nel suo studio fiorentino, la vetrina si affaccia sulla strada, lo spazio è ben illuminato e ordinato: strumenti, cavalletti, colori, libri. E torchio. Sardelli produce anche incisioni, puntasecca e acqueforti: all’età di quindici anni è stato eletto membro ad honorem dell’Accademia delle Arti dell’Incisione. Tra i quadri appesi alle pareti emergono, tra i tanti, i ritratti fedelissimi di volti amici del quartiere. Il Maestro è occupato da giorni alla chiusura del nuovo libro che verrà edito da Sellerio sull’iconografia musicale, un lavoro a metà tra storia dell’arte e storia della musica, sempre legato a Vivaldi.
Con il Vernacoliere, labronico fiore all’occhiello delle riviste di satira, trova esplosione l’ironia di Sardelli, arguta, sagace e pungente: la prima vignetta pubblicata è di un Sardelli giovanissimo, appena dodicenne. Di amabile e diabolico interesse sono, tra i tanti, la curiosissima sfilata di tarocchi disegnati dal Maestro, l’irresistibile serie di Madonne e di Cani, l’apotropaico Mago Afono… la produzione in questo campo è vastissima e invitante: centinaia di pagine di fumetti, vignette, scritti satirici e parodie, antologizzate in varie pubblicazioni. Oltre a questa attività, Sardelli ha illustrato molti libri (tutte le opere del Borzacchini) e ha collaborato ad altre riviste satiriche.
Nel mentre, precisamente nel 1987, Sardelli ha fondato Modo Antiquo, orchestra di musica barocca, con interesse particolare per Vivaldi: grandi capacità, gusto per il virtuosismo strumentale e profonda conoscenza dei linguaggi e delle prassi esecutive storiche. La sua discografia conta più di quaranta titoli, fra cui si trovano molte prime registrazioni mondiali. Modo Antiquo è l’unico gruppo barocco che ha ricevuto ben due nomination ai Grammy Awards.
Si prenda questo breve articolo come un piccolo ritratto di quello che il Maestro è, invitando ciascun lettore incuriosito ad approfondire. Certo è che innanzi a Sardelli mi viene da dire che il talentuoso sembra uno che non faccia assolutamente fatica a fare ciò che fa: sembra che gli venga naturalmente, appunto per natura, cioè per istinto. Tutto il lavoro di Sardelli è frutto di disciplina e pazienza, che hanno senz’altro a che fare con una certa genialità, perché non cade nell’approssimazione.
Da ricordare che Sardelli è anche scrittore, degne di nota le sue Proesie, esilaranti composizioni poetiche apparse nel Vernacoliere nella rubrica “Trippa”, subletteratura che non è qualcosa di meno della letteratura, è una zona di confine, posta alla periferia del Gioco.
Ma è anche per le opere del Sodalizio Mvschiato, congrega vivace composta da cinque membri a vita (i livornesi Sardelli, padre e figlio, Stefano Caprina, Borzacchini e Fremura), benemerita associazione, che Sardelli è spesso ricordato e molto amato: il Sodalizio Mvschiato, unico e lodevole esempio di Volontariato della Satira che diffonde il verbo tramite i famosi bigliettini elegantemente stampati e recanti singolari massime di saggezza, fatta di luoghi comuni, degni di un sano, liberatorio, scherno.
«Da Livorno mi son trasferito a Firenze verso i 32 anni. Livorno è matrigna, produce un sacco di personalità capaci: artisti, pittori, cineasti… però poi lì la città ti affossa, devi andare altrove. E Firenze la trovo vitale, ha ancora un sapore di quartiere, pur mischiato a occasioni di ben più ampio respiro.» Immersa nel bello del suo studio, mi viene da chiedere: «Maestro ma come fa un livornese ad abbandonare Livorno per scegliere Firenze?! Che direzione ha preso?!» Il Maestro risponde citando una massima del Sodalizio a me molto cara: «… Io lo so dove vado, voi lo sapete dove dovete andare…?».
Foto di Federico Maria Sardelli