Filmati e racconti dalla quarantena, videodiari dalle case, dai balconi, con o senza mascherine, da chi ha continuato a lavorare in una città deserta a causa dell’emergenza sanitaria a causa del Coronavirus, vivendo una delle più importanti crisi sociali dell’era contemporanea. E’ l’appello ai fiorentini dei registi Pablo Benedetti e Federico Micali per il progetto cinematografico “Firenze Sotto Vetro” che diventerà un film documentario dove i fiorentini saranno protagonisti del processo creativo inviando – fino al 26 giugno – i propri video all’indirizzo email firenzesottovetro@gmail.com o al numero 3497494282 (attraverso le piattaforme whatsapp e telegram) o nella chat del profilo Facebook @firenzesottovetro (https://www.facebook.com/firenzesottovetro/).
Ci siamo messi in contatto con i due registi per chiedergli come sia nata l’idea di questa iniziativa e soprattutto quale sarà la storia che vorranno raccontare nel loro film documentario.
Due registi, entrambi toscani, ma con due percorsi artistici diversi. Come nasce la vostra collaborazione?
Ci siamo conosciuti diversi anni fa e ci siamo tenuti in contatto, confrontandoci sui nostri lavori, scambiandoci idee e trovandoci sostanzialmente sulla stessa linea d’onda. Il regista spesso è un animale solitario: entrambi invece troviamo nella collaborazione e nel confronto un elemento di arricchimento. Durante il lockdown entrambi abbiamo sentito la necessità di contribuire a fare qualcosa per la città in questo momento così particolare. Così è nata l’idea di Firenze Sotto Vetro, e siamo felici di aver coinvolto in questo progetto anche le produzioni 011 e Malandrino Film con Andrea Mugnaini che sta svolgendo un ruolo importante insieme a noi. Ci sta accompagnando anche Alessandro Cinque, un fotografo molto bravo che sta facendo una serie di ritratti attraverso la lens-ball. una palla di vetro che capovolge l’oggetto dell’inquadratura, restituendo un effetto molto in chiave con l’idea. E sarà bello strada facendo poter contare su nuove collaborazioni: è un progetto che sentiamo molto “open”.
Dai vostri percorsi artistici si evince che per voi il cinema non è intrattenimento, ma è un fruitore per raccontare storie. Qual è la storia che volete raccontare con il docufilm Firenze Sotto Vetro?
Il concetto di intrattenimento non può prescindere dal racconto di una storia, meglio ancora se ancorata alla realtà. La storia di Firenze Sotto Vetro è quella di una città che improvvisamente si è trovata svuotata, chiusa in casa o a lavoro in contesti nuovi ed emergenziali. E che si racconterà attraverso quei microcosmi individuali che messi insieme comporranno un mosaico di situazioni diverse in cui emergeranno sentimenti contrastanti.
Con il vostro film, per la prima volta la città di Firenze non viene raccontata, ma si racconta attraverso la gente. Non ci sono attori: i protagonisti sono le persone che condividono la loro quotidianità senza una trama, nel modo più spontaneo possibile. Può essere questa una nuova modalità di fare cinema?
Il social film making è un modo di fare cinema che esiste da molti anni: il primo esperimento di rilievo coincide con i 10 anni di you tube e il progetto “Life in a day”, coordinato nel 2010 da Ridley Scott per la regia di Kevin Macdonald. Sicuramente però lo sviluppo di una tecnologia di ripresa leggera a basso costo e di qualità come quella degli smartphone potrà contribuire alla diffusione del genere. Purchè ci sia sempre un buon movente: una storia valida da raccontare
Nella vostra richiesta ai cittadini non c’è nessuna linea guida su una trama da seguire. C’è però un filo narrativo?
Abbiamo voluto lasciare la massima libertà e siamo convinti che nelle memorie dei cellulari ci siano già moltissimi video preziosi, anche se mossi e sfuocati, che raccontano bene la particolarità del momento attraverso storie private. Un po’ come quando ci ritroviamo davanti a family movies girati in super8 negli anni 70 e ci ritroviamo ad emozionarci davanti a scene che non erano certo pensate per il grande pubblico. La linea narrativa seguirà il filo di queste storie, spesso composte anche solo da immagini fisse o da pochi secondi di video.
Cercate anche spartiti di canzoni, testi, racconti audio, foto, disegni. In qualche modo è come se voleste entrare nell’intimità delle persone. Perché questa intimità è così importante?
Cerchiamo sopratutto video, già realizzati sotto lockdown o anche racconti fatti adesso su come abbiamo vissuto o viviamo il momento. Ma anche foto, testi e disegni possono essere degli spunti di lavoro. A parte quella minoranza di persone che hanno continuato a lavorare, la maggior parte di noi ha vissuto reclusa in microcosmi domestici: l’intimità è dunque connaturata alla storia di ognuno di noi: ma è un’intimità che ha aspetti che ci accomuna tutti. Una sorta di “intimità condivisa” a distanza.
Quanti video avete raccolto fino ad ora?
Abbiamo ricevuto oltre mille invii tra mail (firenzesottovetro@gmail.com) whatsapp (al numero 3497494282) o sulla pagina Facebook. Ne aspettiamo ancora molti e più ne arriveranno più il mosaico sarà ricco. C’è tempo fino al 24 giugno.
E’ un progetto NO PROFIT, ovvero che il ricavato andrà totalmente in beneficienza. Perché questa scelta?
E’ un film che si basa su contributi di chi partecipa al progetto e la scelta del no profit ci è parsa da subito la più corretta. Speriamo anzi che il film possa avere un buon successo e produrre degli utili che saranno devoluti in beneficenza, una volta pareggiati i costi di realizzazione.
Pensiamo che una categoria che potrà aver bisogno di sostegno economico sia proprio quella dei lavoratori dello spettacolo, spesso precari, che si sono trovato all’improvviso senza lavoro e il cui orizzonte è sicuramente più complesso, visto il permanere del distanziamento sociale.
Quando uscirà il film e dove si potrà vedere?
Ci auguriamo al cinema, il prossimo autunno. Speriamo davvero di poterci riabbracciare tutti in una sala cinematografica!