Manifestazione per Gaza a Firenze

Fermare il genocidio a Gaza. Firenze si unisce all’appello internazionale

La Toscana interrompe i rapporti istituzionali con Israele. La nostra redazione si unisce all’appello che da tutto il mondo arriva alla comunità internazionale: fare pressione politica su Israele, anche con sanzioni economiche, per interrompere i bombardamenti sulla popolazione civile di Gaza. Allo stesso tempo è giunto il momento per il riconoscimento dello stato palestinese e Hamas deve rilasciare gli ostaggi senza condizioni.

La Toscana, e la redazione di FUL, esprimono tutto lo sconforto e lo sconcerto per l’orribile occupazione militare della Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano. Affamare la popolazione gazawi, oltre alla violazione sistematica del Diritto Internazionale da parte del governo dello stato ebraico è l’ultimo atto di una situazione umanitaria che ha raggiunto un livello intollerabile. Questo, se non volete chiamarlo un “genocidio”, è quantomeno un “urbicidio”, dato che intere città sono state ridotte in macerie e polvere: ospedali, scuole, università, campi agricoli e luoghi di culto spazzati via.

La solidarietà alla Palestina è ben diffusa nella nostra regione, le foto delle bandiere palestinesi ai balconi che vengono da Firenze, Empoli e Prato sono solo alcuni esempi della partecipazione civile. Molti di noi di FUL hanno personalmente partecipato a manifestazioni contro la guerra e effettuato donazioni.

Tutti noi assistiamo con sgomento al fallimento della democrazia israeliana, perché si può parlare solo di fallimento quando uno stato ha istituzionalizzato un regime di apartheid per una parte della sua popolazione: quella palestinese. Sostenuto da partiti religiosi di estrema destra, il governo di Benjamin Netanyahu, su cui pende un mandato internazionale per crimini di guerra, tiene in ostaggio con la propaganda una nazione che – non contenta dell’occupazione militare illegale della Cisgiordania – ormai giustifica la sua esistenza facendo la guerra continua ai suoi vicini: Gaza, Libano, Siria e Iran.

Come ha dichiarato il celebre filosofo Slavoj Žižek in una recente intervista al quotidiano spagnolo El Pais

Israele è diventato più fondamentalista dei suoi Paesi vicini!

Il noto scrittore David Grossman, uno dei narratori israeliani tra i più celebri, è stato ancora più duro sul massacro che va avanti dal mese di ottobre del 2023 e ha causato la morte di quasi 60mila gazawi, oltre al ferimento e l’invalidità permanente di altre decine di migliaia di persone:

<<Davanti a tanta sofferenza il fatto che questa crisi sia stata iniziata da Hamas il 7 ottobre è irrilevante>>

Nessuno vuole nascondere l’orribile attacco di Hamas che ha causato la morte di 1.200 persone, perlopiù civili, risultando il più grande attentato terrorista subito dal Israele dalla sua fondazione. Ma partire con la narrazione di un conflitto storico dal 7 ottobre 2023 è ingiusto e intellettualmente disonesto. Questo tragico evento si inserisce nell’escalation di violenza che, con differenti fasi d’intensità, ha inizio nel 1948 con la nascita dello stato di Israele e la nakba, il grande esodo a cui furono costretti 700mila palestinesi cacciati dalle loro terre da ebrei di origine europea.

Bisogna ricordare che da allora Israele ha violato tutte le risoluzioni dell’ONU, senza contare quelle a cui è scampato grazie al veto degli Stati Uniti. Già, gli USA in particolare hanno una grande responsabilità in questa vicenda perché, armando fino ai denti lo stato ebraico, lo hanno messo nella condizione di risolvere con la forza le dispute territoriali anziché sedersi a un tavolo dei negoziati con i vicini.

Un altro Paese che si sta distinguendo per essere dalla “parte sbagliata della Storia” è la Germania: si sta lavando la coscienza per aver commesso un genocidio – quello degli ebrei – consentendone un altro agli israeliani. Lo fa continuando ancora oggi a vendere armi a un governo preda del fanatismo religioso e silenziando tutte le voci critiche interne in un vero attacco alla libertà di espressione. Nella stessa situazione si trova la Gran Bretagna, dove però quantomeno la società civile e la comunità artistica si stanno facendo sentire.

Anche l’Italia si sta comportando in maniera imbarazzante, non solo nei confronti delle vittime, ma anche nei confronti della sua tradizionale storia di amicizia equidistante con la Palestina e con Israele. In questi giorni a molti sarà capitato di vedere filmati d’archivio dei celebri discorsi in parlamento di Andreotti, Craxi o Berlinguer sulla questione del popolo palestinese. Il governo italiano sta balbettando esattamente come la stragrande maggioranza dei paesi “occidentali”. Imbarazzante è il disagio di Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, che al Parlamento europeo ha fatto capire che “vorrei interrompere le relazioni diplomatiche con Israele ma gli stati membri non me lo permettono”. Infine il silenzio di Ursula Von Der Leyen, l’impegnatissima presidente per il riarmo europeo, è da considerarsi complice?

A tal proposito, ci piace chiudere con quanto ha scritto la scrittrice Arwa Mahdawi sul quotidiano britannico The Guardian:

Cosa direte quando vi chiederanno come avete potuto permettere il genocidio a Gaza?

Da ottobre 2023 FUL ha cercato con delicatezza di affrontare la questione con pochi ma mirati articoli. La giornalista Maria Selene Clemente – che ha vissuto a Gerusalemme Est e nei Territori Occupati – ha realizzato per noi due contributi sulla storia del conflitto Israele-Hamas. Potete recuperare la prima puntata a questo link e la seconda puntata a questo link.

Sempre in quest’ottica abbiamo presentato un reportage fotografico del reporter fiorentino Gianluca Panella che ha passato a più riprese molto tempo nella Striscia, incontrando anche membri di Hamas, e le immagini le potete recuperare nell’articolo Gaza Stories.

Infine, grazie al reporter Alessandro Stefanelli, abbiamo presentato la storia del pugile Waseem Abu Sal, che alle Olimpiadi di Parigi 2024 è stato il primo palestinese a partecipare ai giochi olimpici nella boxe. Potete recuperare il reportage dalla Cisgiordania nell’articolo Dream on Palestine.

Free Gaza.