Filippo Panichi & Vittorio Nistri: oltre i confini della musica

Filippo Nistri Vittorio Panichi musica sperimentale

È uscito il 1° novembre e si è già piazzato tra i contributi più significativi del nuovo panorama della musica sperimentale contemporanea con una conseguente valanga di recensioni e ottimi voti su importanti riviste del settore sia in edicola che in rete. Stiamo parlando di “Vittorio Nistri/ Filippo Panichi”, l’album di musica sperimentale che ha, come titolo, i nomi dei suoi due geniali autori.

In versione CD o vinile, per l’etichetta Snowdonia con distribuzione Audioglobe, questo lavoro  propone una strana sorta di musica da camera psichedelica in cui si incrociano un ensemble di chamber music contemporanea formata da contrabbasso, violoncello, viola, trombone, sax, clarinetto e tanta sperimentazione elettronica, di tipo inusuale, perché… “fatta a mano”. Spinti da grande curiosità, abbiamo incontrato Vittorio Nistri e Filippo Panichi, ambedue “visionari” fiorentini, per farci raccontare quando è nato il loro sodalizio e lasciarci guidare nella decodifica dei brani che compongono l’album.

Potreste innanzitutto spiegare cosa si intende per “musica da camera psichedelica ed elettronica sperimentale”?

Filippo: I generi musicali e le categorizzazioni a volte mi confondono più che chiarire, ma le parole che hai citato danno, spero, un’idea degli “ingredienti” che l’ascoltatore troverà. C’è un ensemble di strumenti acustici di tipo cameristico e partiture che vogliono esprimere emozioni anche di “mondi altri”, forse non esistenti. O forse non più, o non ancora. Da qui il riferimento alla psichedelia. E c’è dell’elettronica che, invece, si muove su territori più vicini al rumore che alla musica, anche se il rumore contiene già delle melodie implicite, inespresse.

Vittorio: Questo album mette insieme due cose in teoria distanti. Da un lato, la ricerca elettronica (e intendo davvero “ricerca”: Filippo ed io abbiamo sperimentato liberamente, direi anarchicamente, scoprendo man mano dove questo ci avrebbe condotto). Dall’altro, chamber music per quintetto acustico di archi e fiati. Due universi diversi non solo come suoni ma anche come metodologia: improvvisazione nel primo, scrittura nel secondo.

A noi pare che questa strana accoppiata abbia funzionato bene. A unificarla c’è anche un’attitudine visionaria che, a mio parere, giustifica l’aggettivo “psichedelico”.  

Vittorio Nistri Filippo Panichi

Quali strumenti utilizzate per creare questo tipo di musica?

Filippo: Le partiture degli strumenti acustici sono state scritte da Vittorio con le tastiere e poi fatte suonare a musicisti che stimiamo. Per la parte elettronica, abbiamo impiegato vari sintetizzatori, scelti da me e Vittorio con i nostri rispettivi criteri, tutti accomunati dall’essere abbastanza economici. Un solo strumento è un po’ più costoso, il Lyra 8 della SOMA Lab, che permette suoni organici, molto profondi, non realizzabili in altro modo, con altri strumenti o con un computer.

Vittorio: Questa è una delle poche cose che, negli ultimi anni, si è fatta più democratica. In passato, per fare ricerca elettronica, ci volevano strumenti dal costo elitario (i synth modulari per esempio costavano svariate migliaia di euro). Oggi ci sono apparecchi – magari ideati da nerd geniali in uno scantinato – che, con un costo tra i 200 e i 600 euro, consentono sperimentazioni fantastiche. 

Per dare un’idea della bizzarria di certi strumenti, tra quelli che ho usato io c’è l’ENNER, un  sintetizzatore “a connessione corporea”, di fabbricazione sovietica, che sembra una tavolozza da pittore cosparsa di sensori fatti come macchie dorate. Per produrre suoni, occorre collegare due o più sensori. Il collegamento avviene toccandoli in contemporanea con le mani; la corrente passa attraverso il corpo del musicista e crea la connessione. Calore e umidità corporea dell’esecutore influiscono sul suono generato, come pure pressione e velocità dei gesti.

Filippo Nistri Vittorio Panichi musica sperimentale

Dunque musicista e strumento vanno a formare un unico “circuito vivente”… 

Filippo: Esattamente e ogni esecuzione diventa rara e irripetibile. Accade lo stesso con i miei “strumentini autocostruiti” (in genere cose abbastanza usa e getta) che posso comunque rinnovare se per caso una volta mi va di distruggerli mentre li suono, ma che sono anche dei mini esperimenti sulle caratteristiche sonore dei materiali.

Tra i vari artifici, c’è anche un rilevatore di ultrasuoni. Di solito è usato per ascoltare le vibrazioni sonore di ecolocazione dei pipistrelli che si orientano mandando segnali per noi inudibili: i suoni da loro emessi rimbalzando nell’ambiente, restituendoci un’immagine così precisa da poter catturare persino un insetto che vola. Anche se molte volte ho registrato pipistrelli, tra l’altro presenti alla fine dell’album, l’uso principale che faccio di questo rilevatore è captare frequenze che noi non udiamo, ma che sono prodotte da soggetti che conosciamo o presenti nell’ambiente: un gatto o un cane le sentono, ad esempio. 

Vittorio: Avrete notato che non stiamo menzionando i computer che, nella musica elettronica, sono di solito la prima fonte di generazione di suoni. Ovviamente anche noi abbiamo utilizzato computer, ma solo per registrare ed editare, non per generare suoni. Tutto quello che sentite nel disco è stato fatto con oggetti e strumenti reali.

Filippo: Aggiungo che la mia ricerca riguarda macchine che producano suoni che è difficile ottenere in altri modi, strumenti che hanno a che vedere con il caos, con le anomalie di certi circuiti, con alcune particolarità delle macchine analogiche che sono difficili da riprodurre su un computer. 

Anche quando, in altre mie storie musicali, uso il computer per generare suoni, cerco di fargli fare cose a cui per natura non è diciamo… portato. 

In questo disco ho suonato molto anche la chitarra, anzi è proprio Vittorio che mi ha dato lo stimolo per riprenderla in mano. Non sono un chitarrista molto tecnico, ma ho un mio modo a volte un po’ blues, a volte un po’ rumorista/free di suonarla, e abbiamo pensato che in questo lavoro stesse bene. In alcuni brani ho eseguito parti scritte da Vittorio, cambiandole più a livello d’interpretazione e scelta del suono che di note: le melodie erano bellissime così come lui le aveva scritte. In altri brani, le parti sono improvvisate.

Filippo Nistri Vittorio Panichi musica sperimentale

Quanto tempo avete impiegato a generare questo album?

Filippo: In tutto quattro anni. Abbiamo dovuto lavorare a questo progetto insieme alle nostre rispettive occupazioni e ai vari progetti che già avevamo in corso. C’è stata anche la pandemia e una serie di eventi personali abbastanza traumatici sia per me che per Vittorio. 

Nove brani, tutti diversi tra loro ma accomunati da..? 

Vittorio: Sento che sono uniti soprattutto dal nucleo di emozioni che li percorrono. E’ una musica scaturita da anni difficili, sia a livello collettivo (guerre, genocidi, lockdown, crescita delle disuguaglianze, ecc.) che personali. Come Filippo ha accennato, è stato un periodo abbastanza traumatico per entrambi, anche se per ragioni diverse. Ogni singola nota, ogni singolo rumore sono state ispirate da questo contesto, cioè dalla consapevolezza della mia fragilità e irrilevanza. Ma anche dalla volontà di continuare a cercare, nonostante tutto, un qualche spiraglio di senso, di bellezza e di luce. 

Filippo: Per me questi brani in primo luogo sono accomunati dalla scommessa di unire le nostre due sensibilità che a tratti si sovrappongono ma che tuttavia sono molto diverse. Vittorio è prima di tutto un compositore, mentre io sono uno votato all’incompiuta, nel senso che mi piace la composizione, ma sono un disordinato perfezionista, quindi di solito mi muovo in ambiti di improvvisazione radicale, perché è una cosa che mi dà una soddisfazione immediata. O se la vogliamo vedere da un altro punto di vista, mi piace sorprendermi ad accostare insieme suoni prodotti sul momento nei modi più diversi, ma che contengono tutti una buona percentuale di casualità controllata.

Dove avete registrato?

Filippo: Per lo più nelle nostre rispettive case, che hanno ognuna il suo mini studio. A volte insieme, altre volte ognuno per conto proprio. E in alcuni casi all’aperto con il rilevatore di ultrasuoni.

Vittorio: Ci sono state poi tre trasferte. A Torino, per registrare i fiati di Enrico Gabrielli; nella campagna senese, per registrare il contrabbasso di Silvia Bolognesi; a Bologna, per il mixaggio di Giacomo Fiorenza negli storici Studi Fonoprint.  

Filippo Nistri Vittorio Panichi musica sperimentale

Potreste dirci qualcosa di voi, chi è Vittorio Nistri?

Vittorio: Ho una laurea in giurisprudenza, amo l’arte in pressocché tutte le sue forme e conduco da sempre due esistenze in contemporanea. Mi divido infatti tra due lavori, uno in ambito musicale e uno in tutt’altro settore. Se avessi solo il primo, non potrei sopravvivere; se non avessi il primo, non potrei vivere.

Sono attivo con progetti sia miei che altrui, tutti accomunati dal desiderio di sperimentare e cercare di superare gli steccati tra i generi

Tra i miei progetti, cito la “Deadburger Factory” e gli “Ossi”. La prima iniziò la sua storia, quando ancora si chiamava solo Deadburger, con una vittoria ad Arezzo Wave, e da allora ha pubblicato sette album (nei quali ho avuto l’onore di collaborare con alcuni dei miei miti, tra cui Paolo Benvegnù, Quintorigo, Lalli, Alfio Antico, Enrico Gabrielli e i jazzisti Zeno De Rossi, Cristiano Calcagnile, Silvia Bolognesi, Edoardo Marraffa). Quanto ai cantastorie psichedelici “Ossi”: stanno attualmente componendo il loro secondo album e intanto suonano molto in giro (solo negli ultimi dodici mesi abbiamo fatto concerti a Genova, Faenza, Pisa, Livorno, Verona, Varese; e anche Firenze, alle Cascine / Ultravox, con special guest Dome La Muerte dei Not Moving). 

Tra le collaborazioni a progetti altrui menziono “Le Forbici di Manitù”, i “Maisie”, Claudio Milano aka “NichelOdeon”, eccetera. 

Nel corso di questo 2024 ho inoltre partecipato, con un altro mio progetto di nome Dead Freaks Society, all’album “Return To Acapulco / Music For Hotels Vol 1” edito dalla Silentes. E un mio pezzo inedito di 36 minuti sarà allegato al prossimo numero della rivista “BAU Contenitore di Arte Contemporanea”. Ma soprattutto… adesso inizia l’avventura dell’album condiviso con Filippo!

Filippo Nistri Vittorio Panichi musica sperimentale

E Filippo Panichi?

Filippo: Ho una passione per la musica e per i suoni che mi accompagna da tutta la vita, una laurea in storia del cinema e, prima di iscrivermi a Lettere, avevo frequentato per due anni la facoltà di Ingegneria, dando alcuni esami: sono sempre stato a metà tra due mondi, quello umanista e quello scientifico. La formazione scientifica ha continuato ad essere molto importante nella mia vita ed è stata molto utile nell’approccio ai suoni, alla costruzione dei miei strumenti, alla programmazione e utilizzo di software.

Ho suonato come chitarrista in vari gruppi negli anni ‘90 e raramente anche dopo, ma nel mentre, un po’ per necessità, imparavo a usare i computer per registrare le mie cose e per fare i primi esperimenti di sound design e montaggio video. Queste competenze tecniche hanno fatto sì che alcuni amici mi abbiano chiesto di registrare i loro lavori. Da lì mi sono messo di nuovo a suonare, facendo sporadiche apparizioni live con i miei gingilli autocostruiti e altre macchine strane, da solo o insieme ad altri, con il comun denominatore dell’improvvisazione radicale e dell’elettroacustica. 

All’album hanno partecipato altri musicisti, addirittura un quintetto cameristico.

Vittorio: Mi sono occupato personalmente del loro “reclutamento”. La violista Giulia Nuti era stata in passato membro della “Deadburger Factory”, ed è lei che mi ha segnalato il violoncellista Pietro Horvath e il trombonista Edoardo Baldini, entrambi giovani, toscani e talentuosi. Quanto ai due ospiti di fama internazionale, e cioè Silvia Bolognesi (membro della “Art Ensemble Of Chicago”, una leggenda del jazz mondiale) e Enrico Gabrielli (attivo con PJ Harvey, Iggy Pop, Mike Patton, Afterhours, Calibro 35, Alessandro Fiori, Nada, Cesare Basile e mille altri)…

Beh, ho fatto con loro esattamente come faccio per tutti i miei progetti: mentre compongo una partitura, mi vengono in mente quali strumenti vedrei necessari e quali sarebbero i musicisti perfetti per suonare quelle parti. Nella mia testa assemblo un team di “musicisti ideali” per ciascun brano… tipo fantacalcio. Dopo di che, attraverso i social o altri canali, provo a contattare quei musicisti. Se mi rispondono, gli invio un demo casalingo dei brani che avrei pensato per loro. 

Silvia Bolognesi

Non smetto mai di meravigliarmi per il fatto che quasi sempre questi artisti, così straordinari e conosciuti, accettino la collaborazione proposta da una piccolissima realtà underground come la nostra. Forse è perché, dall’ascolto dei demo, emerge che quelle parti sono state davvero pensate per loro. Non provo a coinvolgerli per il loro “nome”, ma per amore verso la loro arte.

E molti “spiriti guida”…

Vittorio: Se si parla di ispirazioni musicali, si va da Brian Eno a Egisto Macchi, dalla storica scena di Canterbury a Bill Frisell, da Nino Rota allo Zappa “orchestrale”, da Melanie De Biasio a… molti altri, tra cui  un posto speciale ha “19m 40s”, la bella collana di “musica anticlassica” di Enrico Gabrielli e Sebastiano De Gennaro. Filippo condivide molte di queste passioni, ma, apprezza altresì sperimentatori più estremi e improvvisatori radicali. 

Filippo: Sì, certo, Ghédalia Tazartès, Philip Jeck, Harry Bertoja e molti altri. Z’ev, che ho avuto anche il piacere di conoscere e che ritengo mi abbia insegnato tantissimo solamente parlando con me nel corso dei pochi giorni che abbiamo passato assieme. E soprattutto il carissimo amico Fabio Norcini, la persona che ci ha fatto incontrare e che purtroppo è venuto a mancare senza sentire il nostro lavoro finito. Fabio era anche il mio personale dizionario delle cose non scritte/non documentate della cultura italiana, perché è sempre stato presente dove c’erano cose strane, fuori dagli schemi e ne è stato spesso promotore, a volte scopritore.

Vittorio: Fabio era l’anima del compianto Studio Rosai in via Toscanella, che è stato per anni una sorta di “cenacolo” dove si incontravano appassionati di arte, cultura e società, in chiave alternativa e antagonista. È lì che ci siamo conosciuti Filippo, il pittore Beppe Stasi ed io: ci promettemmo di fare, prima o poi, qualcosa insieme e questo album è l’avverarsi di quella promessa.

Enrico Gabrielli

La grafica dell’album, che vi vede protagonisti di un mondo fantastico, extraterrestre, sembra rispecchiare perfettamente il vostro stile e racchiudere, visivamente, tutto ciò che ci avete raccontato… 

Vittorio: La copertina è un quadro fatto ad hoc proprio da Beppe Stasi ed in effetti interpreta perfettamente il mood delle composizioni, cioè quel senso di fragilità e caducità umana, ma anche di ostinata (e forse irragionevole, ma chissene) ricerca di spiragli di luce nonostante tutto. 

Beppe ha un rapporto sensuale con la pittura, fa colare i colori e utilizza inchiostri particolari che si fabbrica da solo partendo da tumori della corteccia di quercia.

Nel booklet (concepito come un piccolo libro d’arte corredato dal tagliandino per il download digitale), il geniale grafico Gabriele Menconi ha fatto dieci “remix” del dipinto di copertina, o di studi preparatori di Beppe per lo stesso. In pratica, Gabriele ne ha selezionato minuscole porzioni (pochi centimetri quadrati), facendo macro-ingrandimenti, scoprendo che, in una singola pennellata, si celano mondi interi, a volte con la valenza di un dipinto autonomo. 

Questa indagine sulla ricchezza del “tocco umano” ci è sembrata utile in questo momento storico che vede il dilagare di immagini formalmente perfette, eppure senza vita e intimamente povere, realizzate non da artisti umani ma interamente da AI come Mid Journey.

Filippo Nistri Vittorio Panichi musica sperimentale

Dove è possibile ascoltarvi, reperire l’album in vinile, il CD?

Vittorio: Sia i CD che gli LP sono acquistabili tramite tre canali: il Bandcamp di Snowdonia Dischi, il sito di Audioglobe, e una ventina degli eroici e meravigliosi negozi fisici di dischi che ancora resistono. Un primo assaggio live dell’album dovrebbe aver luogo a Firenze, nella seconda metà del gennaio 2025, all’Antisalotto Culturale di via della Fornace.

Cosa vi aspettate/auspicate dopo l’uscita di questo lavoro?

Vittorio: Di raggiungere qualche cuore.

Filippo: Di farne altri.

Siamo molto orgogliosi di aver presentato ai lettori di FUL questi due nuovi amici entrati di diritto in quella schiera di “eletti” accomunati da quel “genio fiorentino” riscontrabile solamente in coloro che, nati all’ombra del Cupolone, si sono distinti per la propria inconsueta creatività. Vittorio e Filippo non solo ci hanno meravigliato per la loro straordinaria competenza musicale e infinita fantasia, ma anche per il modo discreto di porsi raccontandoci la loro ricerca e le loro vite: con eleganza e tanta umiltà (sentimento, quest’ultimo, che si riscontra sempre più raramente nelle persone che fanno parte di QUESTO pianeta) hanno raggiunto le nostre anime. 

Cover photo: ©Lorenzo Desiati