Joe Lansdale in esclusiva per FUL

Intervista esclusiva a Joe Lansdale, ospite a Firenze Libro Aperto. Trump, il Texas e la fortuna di essere scrittore.

 
Al festival Firenze Libro aperto, l’ospite d’onore più atteso era Joe R. Lansdale, autore texano di numerosi bestseller e uno dei più conosciuti scrittori pulp contemporanei.
In attesa dell’apertura delle porte e dell’inaugurazione, ci siamo incontrati “casualmente” prima della conferenza stampa ufficiale.
Complice un caffè, l’atmosfera febbricitante e l’indiscussa gentilezza di Lansdale, ci siamo fatti una piacevole conversazione, virata poi in un’intervista esclusiva solo per i lettori di Ful.
Mentre aspettiamo, le va un caffè?
Certo, volentieri, perché no? Un cappuccino per me.
Suppongo che troverà un po’ fastidiosa questa attesa…
No, in realtà è normale. È la prima edizione e sono curioso, qualche intoppo è normale. Sono molto contento di essere qui come ospite.
Lei è stato informato che, oltre a lei, ci sarà Matteo Salvini? Conosce questo personaggio?
Sì, me lo hanno detto poco fa. Penso che tutti abbiano il diritto di parlare e che non sia giusto “silenziare” qualcuno solo in base alle opinioni politiche, per quanto totalmente diverse dalle mie. Poi così ognuno è libero di rendersi ridicolo come vuole: fare la figura dello stupido non è mai divertente per chi la fa, ma per gli altri che lo vedono, sì.
Beh quanto a rendersi ridicoli, cosa pensa dell’attuale presidente degli USA Donald Trump?
Lo disprezzo, non condivido le sue idee. Molti americani sono d’accordo con me: so che è difficile capire il nostro sistema elettorale, ma di fatto la maggioranza non ha scelto Donald Trump. In tanti non hanno votato, gli altri iniziano a rendersi conto adesso che forse hanno sbagliato nella scelta.
Perché?
Perché Trump ha basato la sua campagna elettorale sulla paura, sul terrore degli immigrati e degli stranieri, dimenticando che l’America è fondamentalmente un paese di immigrati: tutti o quasi, hanno sangue misto nelle vene. Non è mai una buona politica.
In che senso?
Nel senso che sono proprio gli stessi sostenitori di Trump i primi ad avere bisogno degli immigrati e ad approfittarsene: sono la loro risorsa umana a basso costo, gli unici disposti a fare lavori che un wasp non vorrebbe mai fare. Credimi, io ho lavorato nei campi: non è una cosa che in molti vorrebbero fare, ti spacchi il culo per pochi dollari. Senza gli immigrati e il loro lavoro, la nostra economia crolla.
Effettivamente non è un periodo facile per l’occupazione e l’economia.
Questa è una delle tante bufale e delle false notizie messe in giro dal nostro presidente. In realtà il tasso di disoccupazione è intorno al 5% , quindi non è poi così male. Ovviamente ci sono molte cose che non funzionano, ma ce ne sono anche altre che funzionano piuttosto bene. Non vorrei che questo portasse a pensare al sogno americano come all’incubo americano.
Ha ancora un senso oggi parlare di sogno americano?
Certo, io ne sono un esempio: ho una scarsa istruzione rispetto alla media e vengo da una famiglia povera del Texas orientale. Eppure sono diventato uno scrittore.
Il Texas è da sempre l’ambientazione prediletta delle sue opere: perché?
Perché ci sono nato e ci ho vissuto, lo conosco bene. Ho provato a scrivere storie localizzate anche in altri posti che mi ispiravano, ma non era la stessa cosa. Il Texas è parte di me, è nel mio sangue, nelle mie ossa.
Ma come è diventato scrittore? Perché scrive?
Sinceramente non lo so. Credo che sia la scrittura ad avermi scelto e mi reputo fortunato: agli scrittori che si lamentano di quanto sia difficile la loro vita, rispondo che non sanno cosa vuol dire lavorare nei campi. È una vita fantastica e sono felice di farla: io scrivo per me, senza pensare a un ipotetico pubblico. Non puoi sapere chi ti leggerà, quindi non ha senso preoccuparsene.
Molte persone però leggono i suoi romanzi, nonostante la crisi editoriale del momento. Secondo lei qual è il ruolo attuale della letteratura e dei libri nella nostra società?
I libri possono aiutare a illuminare le menti delle persone: sviluppare senso critico, curiosità, far riflettere.
Possono funzionare anche come una sorta di campanello di allarme? In fondo, il futuro distopico e inquietante è spesso alla base dei suoi racconti.
Certo i miei libri non riflettono le mie speranze o le previsioni… Sono più una sorta di esternazione delle mie impressioni, una catarsi dei miei pensieri. In realtà sono una persona positiva, se non ottimista. Credo nelle persone e nella possibilità di un cambiamento, ma suppongo che questo generi anche ansia individuale e collettiva: un’inquietudine profonda che trasmetto nei romanzi.
Quanto a questa inquietudine, pensa che sia legata a questo specifico momento storico oppure no?
Direi che l’inquietudine è prima di tutto una caratteristica umana, come la paura. Sono emozioni ineliminabili e necessarie, solo che qualche volta sono strumentalizzate dalla politica (giusto per fare un esempio) per mantenere il controllo sulle masse e asservirle al potere.
Come possiamo arginare questo? Le parole bastano o non servono più?
Le parole servono, grazie a loro posso ordinare il pranzo, esprimere affetto alla mia famiglia. Posso comunicare. Le parole permettono azioni, certo che servono! Non starei nemmeno a discutere su questo. Senza le parole, l’interazione sociale non è possibile.
Un’ultima domanda: abbiamo parlato tanto di società e di politica, poco di libri… Ma penso che uno scrittore sia anche un grande lettore. Quali sono i suoi scrittori o libri preferiti?
Potrei farti una lunga lista, da Mark Twain a Steinbeck, passando attraverso numerose scrittrici femminili. Però ti cito, tra tanti, il mio libro e film preferito: “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee, una storia perfetta dal punto di vista del contenuto e dello stile.
Grazie mille per la disponibilità!
Di niente. Grazie a te per il cappuccino.
Testo di Rita Barbieri
Foto di fmc