All’interno della 63° edizione del Festival dei Popoli “Let the Music Play!” è la rinnovata sezione dedicata al documentario musicale. Grande curiosità per il bellissimo Nothing Compares dedicato a Sinead O’Connor.
L’ambiente e le nuove generazioni sono il focus della manifestazione internazionale del film documentario Festival dei Popoli 2022 di cui vi avevamo parlato in un precedente articolo e che si terrà dal 5 al 13 novembre a Firenze. Proprio le proiezioni del primo giorno, sabato 5 novembre, tutte al cinema La Compagnia, si aprono con la nuova sezione Let the music play! che offre una serie di racconti di grandi artiste e artisti tra pubblico e privato, fuori da schemi precostituiti e concessioni agiografiche.
Si inizia alle 15:00 con Rewind & Play di Alain Gomis (Francia/ Germani, 2022), ovvero un ritratto di Thelonious Monk, che mostra la sensibilità del grande pianista jazz, innovatore e geniale nella musica, in contrasto con il rigido schematismo delle esigenze televisive. Alain Gomis, al suo primo documentario, compie un lavoro straordinario utilizzando materiale d’archivio: mescola i piani temporali, taglia e cuce alla maniera di Monk che abbandona una frase per divagare e riprenderla quando nessuno se lo aspetta, rendendo tangibile la lontananza, fisica e spirituale, tra il musicista e l’angusto contenitore invisibile in cui cerca di costringerlo il presentatore della TV francese. Un’intervista “impossibile” che rivela l’incompatibilità di due mondi opposti della società dello spettacolo e mette a nudo la fragilità dell’artista, gigante solitario circondato da solerti lillipuziani.
Si prosegue il 9 novembre allo Spazio Alfieri alle 21:00 con Il rumore dell’universo (Spagna 2022) dedicato al cantautore Giovanni Truppi. Molti lo hanno conosciuto vedendolo sul palco di Sanremo 2022 con la sua veste dimessa, poco appariscente, volutamente minimal. Un cantautore che ha bisogno della sua chitarra, più che di lustrini e paillettes. Giovanni Truppi è questo: poca forma e molta sostanza, in totale antitesi con l’approdo deleterio dell’odierna società dello spettacolo. Nasce da qui l’interesse e l’indagine di Gabriel Azorin, che nel cortometraggio Il rumore dell’universo (Tutto l’universo” è anche il titolo della raccolta di brani di Truppi uscita nel 2022) indaga il pubblico e il privato di un artista schivo e non convenzionale. Le session improduttive in studio di registrazione, le interviste con la stampa, i momenti di quotidianità e le complicazioni che porta con sé una relazione vissuta intensamente nei suoi alti e bassi. Chi lo ama vorrà saperne di più; chi fin qui lo ha ignorato sarà incuriosito. Chi è più interessato al gesto filmico scoprirà un piccolo grande esempio delle potenzialità, spesso non sfruttate, del documentario musicale, quando a prevalere sulla pigrizia sono lo spirito creativo e la ricerca di forme nuove.
Nel mondo della musica, non meno che in altri settori artistici, abbondano i poseur, quelli che “ci fanno”. Yann Keller ci è. Sembra che la sua vita sia interamente dedicata a far scaturire musica nei luoghi più inaspettati. Questo ci racconta Not Available – It’s About Yann Keller (Italia, 2022), alle 17:00 allo Spazio Alfieri, mediometraggio di Federico Savonitto e Gianni Sirch che si insinua nella curiosa quotidianità di Keller, chiuso nella sua officina-atelier e intento a inseguire la propria ossessione sonora, dando vita a materia inerte e industriale per estrarne suoni. Le tracce di una militanza punk – lo smalto sulle unghie, gli orecchini – sono indicazioni fenotipiche dissonanti, che aggiungono quella sfumatura di contradditorietà a una ricerca da operaio-inventore. Lo stupore quasi infantile di Keller di fronte ai tralicci della corrente elettrica comunica più di mille parole l’animo sensibile che si nasconde sotto l’inquietudine da mistico industrial. Un uomo e un artista per definizione “indisponibile”, “not available”, tranne che per l’esclusività della macchina da presa di Savonitto e Sirch, in prima mondiale per il pubblico del Festival dei Popoli.
Sempre il 9 novembre alle 21:30 la giornata di proiezioni si chiude al cinema La Compagnia con Nothing Compares (Irlanda 2022). Nel 1992 Sinead O’Connor sale sul palco del Madison Square Garden per i 60 anni di Bob Dylan e non riesce a cantare una singola nota: il pubblico glielo impedisce a suon di fischi e ululati. La ragione è il gesto plateale compiuto qualche giorno prima dall’artista al Saturday Night Live, dove ha strappato una foto di Papa Wojtyla per denunciare la diffusione della pedofilia nella chiesa cattolica statunitense. Da allora, per la cantante ai vertici della scena internazionale la vita non sarà più la stessa, il declino inarrestabile. Nothing Compares di Kathryn Ferguson ricostruisce la storia dal principio, dai primi moti di ribellione che covano nella giovane ragazza irlandese, in contrasto con una società basata sul dogma “chiesa e famiglia”. Oggi le gesta di O’Connor, che prefiguravano di decenni le odierne istanze dei movimenti socio-politici, ci sembrano quasi naturali; trent’anni fa, invece, hanno contribuito a renderla il nemico pubblico numero uno, una nuova Giovanna d’Arco messa al rogo dai media. Le rivoluzioni si costruiscono attraverso il sacrificio di alcuni e alla cantante irlandese è toccato l’ingrato ruolo. Il suo martirio personale e professionale ci ha privato di un’artista unica, che il film di Ferguson ci permette di celebrare per non dimenticare.
L’11 novembre allo Spazio Alfieri alle 20:30 Anonymous Club (Australia, 2021) è “l’antitesi di una biografia rock”. Così recita la tagline del film diretto da Danny Cohen, a sintetizzare tutto ciò che Anonymous Club non è. Non è banale, non è classico, non è ripetitivo. Un documentario musicale radicalmente differente dal canone, come lo è Courtney Barnett, cantautrice rock australiana, protagonista del film.
Il regista le consegna un dittafono su cui registrare in libertà il proprio stream of consciousness, le impressioni che seguono un tour estenuante, dall’inevitabile andamento “bipolare”. Mentre scorrono le immagini della vita on the road di Barnett, splendidamente montate, la voce dell’artista diviene controcanto e accompagnamento, a seconda dei casi. Una testimonianza pura e incontaminata, un diario intimo che non nasconde nulla di sé, anche i momenti più depressivi, come la parentesi berlinese del tour che si trasforma in acme emotivo del film. Anonymous Club è quel raro oggetto in cui non c’è nulla – se non la perizia tecnica nel realizzarlo – di costruito ad arte, uno specchio fedele che ci restituisce il nitore di un’artista sui generis, per cui le ragioni del cuore sono una componente imprescindibile del processo creativo.
Il 12 novembre alle 21:00 allo Spazio Alfieri Cesária Évora (Portogallo, 2022) svela l’arcipelago di Capo Verde e i suoi misteri entrati di prepotenza nel nostro immaginario grazie a due straordinari talenti: il cinema di Pedro Costa e la musica di Cesária Évora. Due magie arcane, che ci hanno introdotto a un singolare contrasto tra una tradizione antica e i lasciti del colonialismo portoghese. Scomparsa settantenne nel 2011, Évora è rimasta nel quasi anonimato per mezzo secolo, nota solo ai propri conterranei. Una dimostrazione ulteriore della miopia occidentale, spezzata solo dall’ostinazione di alcuni giornalisti francesi. Poi finalmente i riconoscimenti per la “diva dai piedi scalzi”, tardivi ma doverosi, non sono mancati. Ana Sofia Fonseca delinea un ritratto che bilancia con equilibrio raro il dato biografico e quello emozionale. Perché Cesária Évora è stata sì la regina del morna, la musica tradizionale di Capo Verde, ma è stata anche una donna generosa fino all’autolesionismo, in una vita costellata di dispiaceri. Materiale video privato e inedito sul suo passato si mescola alle immagini dei tour mondiali o delle apparizioni televisive seguiti alla “scoperta” di una personalità unica e inconfondibile.
Domenica 13 novembre alle 21:00 al cinema La Compagnia Meet me in the Bathroom (Regno Unito, 2022) ci porta nella New York dei primi anni Zero dove si è consumato l’ultimo colpo di coda del rock. Un’era pre-Spotify, in cui per qualche anno è perdurata l’illusione che lo spirito del rock’n’roll – chitarre e strafottenza, stile dissoluto e concerti indimenticabili – potessero ancora prevalere sulla digitalizzazione delle nostre vite e dei nostri ascolti musicali. Interpol, The Strokes, Yeah Yeah Yeahs, Moldy Peaches sono alcuni dei nomi di una New York che, colpita nel cuore con gli attentati alle Torri Gemelle, riscopre il proprio ruolo di capitale del mondo e lo fa riallacciandosi alla tradizione, all’epoca di Lou Reed e dei Ramones, dei cessi lerci del CBGB’s o del Max’s Kansas City, che rivive nelle gesta di giovani adepti. Will Lovelace e Dylan Southern adattano il libro di Lizzy Goodman, resoconto di quell’epopea, corredandolo al montaggio di uno straordinario materiale d’archivio per un film che parla solo al tempo presente, con testimonianze d’epoca, avvenimenti che presumevano di sconvolgere il mondo (il millennium bug) o che lo hanno realmente trasformato (l’11/9). Senza sterile retromania, Meet Me in the Bathroom ci riporta là, a vivere quell’attimo infuocato per la durata di un film.
Dylan Southern e Will Lovelace hanno diretto importanti film musicali, partendo da No Distance Left to Run (2010) sulla band britannica Blur e l’acclamato documentario sugli LCD Soundsystem Shut Up and Play the Hits (2012), che fu presentato in anteprima al Sundance nel 2012. Questo ultimo lavoro che prende il titolo da una canzone degli Strokes, Meet Me in the Bathroom appunto, dall’album “Room on Fire” del 2003, è un affresco corale su una scena musicale che – pur senza essere un’eredità pesante sul rock come il grunge a Seattle – ha lasciato una certa nostalgia. Lo slogan di allora “you had to be there” non poteva essere più profetico.
Photo cover: Sinéad O’Connor in NOTHING COMPARES © Andrew Catlin/Courtesy of SHOWTIME.