Luca Bracali, fotografia da un mondo in pericolo

Luca Bracali

Il giornalista esploratore toscano ha documentato con le sue immagini la bellezza del nostro pianeta e il rischio che corre con i cambiamenti climatici.

Luca Bracali ha intrapreso la carriera di fotografo nel 1986, inizialmente come inviato di testate sportive alle gare di moto GP e Formula 1, in seguito per riviste di viaggi. Trent’anni di reportage lo hanno portato a visitare ben 145 paesi, le sue immagini sono state esposte in tutto il mondo, da Roma a Kiev, da Copenaghen a New York. Attraverso i suoi progetti fotografici ha collaborato con i ricercatori polari russi, americani ed italiani dell’Università di Fairbanks in Alaska, firmato servizi per National Geographic e ottenuto premi internazionali.

L’attenzione alle tematiche ambientali quali lo scioglimento dei ghiacciai e il surriscaldamento globale, con le foto scattate in Artide e Antartide, si è tradotta nel 2017 nella mostra “Arctic under attack” esposta al Parlamento Europeo. È stato pure impegnato in campo televisivo, da SKY alla RAI, dove citiamo la collaborazione con il noto programma “Alle falde del Kilimangiaro”. Dal suo lavoro di esploratore documentarista sono stati tratti 13 volumi che divulgano la bellezza del nostro pianeta e il suo modo di concepire l’immagine: una composizione geometrica dai colori saturi dove la luce è uno degli elementi essenziali.

Proprio quest’anno ammiriamo le sue ultime fatiche: “Ghiaccio fragile”, già uscito per Giunti Editore, e “Terra, una fragile bellezza – L’obbiettivo sul mondo di Luca Bracali” in programma per l’Istituto Geografico Militare.

FUL l’ha incontrato per conoscere qualcosa della sua incredibile testimonianza.

Ha intrapreso la carriera di fotogiornalista come inviato ad eventi sportivi, poi come è avvenuto il passaggio ai documentari di viaggio? 

Agli inizi dei Novanta, un amico mi disse di sfruttare il mio lavoro con le testate automobilistiche per farmi sponsorizzare un articolo di viaggio. La cosa mi incuriosì e la proposi all’allora direttore della rivista “Auto” Diego Eramo, che fu entusiasta dell’idea. Così ottenni dalla Toyota una 4-Runner con la quale ho percorso 16.000 km attraverso 15 paesi europei. Mi appassionai al genere perché sentii che quella era un’esperienza che mi apparteneva realmente, migliore del fotografare automobili o modelle, e iniziò la mia vita di esploratore. Un viaggio fotografico non è fatto solo di belle immagini, è qualcosa di molto più profondo, basato sul conoscere, percepire ed entrare nella cultura dei luoghi che si visitano.

Disko Bay, Groenlandia
Disko Bay, Groenlandia_© Luca Bracali

Con la fotografia ha testimoniato lo scioglimento dei ghiacciai artici, a quando risale il suo interesse per i cambiamenti climatici? L’uomo ha dichiarato la Terza Guerra Mondiale alla Natura?

Nel 2004, in occasione di un documentario in Antartide, nella base di ricerca dove Jonathan Shanklin scoprì il buco nell’ozono nel 1985, iniziai a chiedermi quali fossero le condizioni di salute del nostro pianeta. Quindi, grazie al mio lavoro, ho cercato di testimoniare quello che accadeva nel luogo più sensibile al mondo ai cambiamenti climatici: l’Artico. Ho preso parte a oltre 40 spedizioni, dall’Alaska alla Groenlandia, dedicando la mia attenzione a questo tema.

Negli ultimi 10 anni con la fotografia ho documentato che i ghiacciai dello Jakobshavn Glacier in Groenlandia si sono ritirati di 15 km e ridotti in spessore di 100 metri. La Terra sopravvivrà anche in caso di loro totale scioglimento, ma gli scienziati  calcolano che gli oceani si alzeranno di 65 metri sommergendo città costiere come Venezia, New York, Tokyo o Sydney… La Natura la stiamo ferendo ma troverà un nuovo equilibrio, è il genere umano che ne pagherà le conseguenze!

Il pianeta minacciato dal surriscaldamento globale

Disko Bay, Groenlandia_© Luca Bracali
Disko Bay, Groenlandia_© Luca Bracali

Il tema del surriscaldamento globale ha un’importante copertura mediatica adesso. A suo avviso tutti possono fare qualcosa o solo le politiche pubbliche hanno un impatto?

Ognuno di noi può contribuire con comportamenti virtuosi: non sprecare l’acqua, risparmiare energia, abbassare il riscaldamento o usare meno l’auto. Ma pure se tutti gli italiani fossero green, siamo 60 milioni su 7 miliardi e mezzo di popolazione terrestre… Cina e India insieme sono responsabili di metà dell’inquinamento mondiale. Donald Trump è uscito dall’Accordo di Parigi sul Clima e spinge l’uso del carbone. La lobby delle fonti fossili ha in mano l’economia di Stati Uniti, Brasile e Australia. “La macchina delle emissioni di anidride carbonica” non si ferma da un giorno all’altro.

Ogni anno 27 miliardi di tonnellate di CO2 vengono liberate in atmosfera, per compensarle ciascun uomo sulla Terra dovrebbe piantare 4 alberi per trent’anni! Non possiamo farcela. Anche per questo esiste la Banca Mondiale dei Semi alle Isole Svalbard, voluta dal Re di Norvegia e finanziata da Bill Gates. Fra le centinaia di migliaia di semi conserva gli esemplari delle 21 colture più importanti. In caso di cataclisma, da qui la razza umana potrebbe ripartire. Ovviamente lo scienziato che me l’ha fatta visitare nel 2011 – sono stato il primo “non addetto ai lavori” a metterci piede – l’ha negato, ma senza dubbio funge da sorta di Arca di Noè.

Lei è ambasciatore di una Onlus fiorentina che si chiama “Save the Planet”. Ci restano davvero solo dieci anni per salvare il pianeta, come dicono gli scienziati?

Potremmo avere più tempo o forse è già troppo tardi. Non significa che rischiamo la “fine del mondo” tra qualche anno, bensì dobbiamo contenere in 1,5 gradi il surriscaldamento globale per evitare un processo irreversibile. Un ulteriore aumento delle temperature causerà lo scioglimento dei ghiacciai, che hanno la capacità di assorbire il calore, e del permafrost che libererà in atmosfera milioni di tonnellate di metano, uno dei combustibili più dannosi. La siccità favorirà vasti incendi come abbiamo visto in Amazzonia, Artico, Africa o Australia, generando ulteriori emissioni di CO2 in un meccanismo a catena autodistruttivo. Io sono solo un fotografo, ma ho intervistato i più grandi scienziati che si occupano di clima e ritengono le attività umane influenti del 30% sui cambiamenti climatici. Tutti sono concordi che, se non cambiamo rotta, andiamo incontro ad un disastro epocale.

Luca Bracali, Islanda
Maelifell, Islanda_© Luca Bracali

www.lucabracali.it

www.savetheplanet.green

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