Nationalism

nazionalismo europa mariusz Bogacki

Il nazionalismo in Europa negli scatti di Mariusz Bogacki, fotografo e ricercatore polacco all’European University Institute di Fiesole. Ideologia che fa da collante della nuova estrema destra che sfida la democrazia liberale sullo spartiacque conservatorismo/ progressismo. Una sfida, prima di tutto, sul terreno culturale. 

La Polonia è la culla della nuova estrema destra europea, quella che impasta sovranismo, nazionalismo, neoliberismo, euroscetticismo, anti-progressismo, rifiuto dell’immigrazione straniera e integralismo religioso. Un Paese nuovamente potenza industriale e oggi basilare per l’assistenza militare all’Ucraina invasa dalla Russia. Archiviata la Brexit, adesso è Varsavia l’inquilino scomodo del “condominio” Unione Europea. Ma – dopo Solidarność e la caduta del regime socialista, il ritorno della democrazia nel 1990, l’adesione alla NATO nel 1999, l’ingresso nell’UE nel 2004 – quando nasce il nazionalismo polacco contemporaneo?

Forse dalle elezioni del 2005, quando il partito di estrema destra PiS (Diritto e Giustizia) – insieme alla forza conservatrice PO (Piattaforma Civica) – ottenne una vasta maggioranza parlamentare e da allora partecipa sempre al governo? Mateusz Morawiecki, primo ministro dal 2017 – che come Giorgia Meloni fa parte del gruppo europarlamentare ECR, quello dei conservatori – ha rafforzato i legami con Donald Trump e varato una serie di norme particolarmente invise alla società civile più giovane. Con Mariusz Bogacki (PhD Researcher al Department of Political & Social Sciences presso l’European University Institute a Fiesole), autore del progetto di fotografia documentale Nationalism, ho voluto approfondire il tema del nazionalismo.

Mariusz, nel tuo progetto “Nationalism” si cattura un’istantanea della Polonia contemporanea. Qui il nazionalismo che hai documentato è qualcosa che è stato costruito anno dopo anno dal PiS al governo, o era già sedimentato nell’identità cattolica polacca ed è stato solo riscoperto?

Non credo che sia un’invenzione del PiS. In generale, l’idea di nazionalismo è un fenomeno moderno, ha origine con l’emergere dell’idea di “nazione” in Europa. Nel nostro caso, il sentimento patriottico esisteva già nel XVIII secolo, rafforzatosi poi nel corso del XIX secolo quando la Polonia cessò di esistere come stato-nazione. L’ideale è vissuto per tutto il travagliato XX secolo, quando la Polonia ancora una volta ha lottato per l’indipendenza. In tal senso il nazionalismo è sempre da considerarsi in termini negativi? L’ideologia può essere forza di emancipazione e lotta per una “libertà” culturale e politica. Detto questo, il nostro governo ha utilizzato la forma più contemporanea di nazionalismo e lo ha fatto con un mix di fondamentalismo religioso, conservatorismo sociale, xenofobia, antiglobalismo ed euroscetticismo. Così è diventato elemento centrale dell’agenda politica e pure dibattito principale all’interno della società polacca. In tal senso, il PiS ha galvanizzato l’idea di patriottismo ai propri scopi, tra cui l’attacco alla magistratura indipendente.

Penso che la tempistica di questa strategia non sia stata casuale, ma ha coinciso con la continua ricerca dell’identità della Polonia, il suo posto in Europa e nel mondo, su chi siamo come nazione e come dovrebbe esserne il nostro futuro. Dobbiamo anche ricordare che queste domande identitarie non sono esclusive della Polonia. Fanno parte di quello che alcuni studiosi chiamano il “nuovo nazionalismo”, definito quale reazione contro la globalizzazione e i valori liberali dopo il crollo finanziario del 2008. Possiamo individuare diversi esempi nel mondo: in Cina come a Hong Kong, passando per Turchia, Polonia, Ungheria, fino al Regno Unito e agli Stati Uniti.

Sulla base dei tuoi studi in materia d’identità in contesto di globalizzazione, quali sono i rischi del nazionalismo di cui la nuova estrema destra europea agita la bandiera?

Il nazionalismo può essere un’ideologia molto pericolosa perché basata su un processo di alterazione, “noi contro loro”, la ricerca di un capro espiatorio. È pericoloso perché divide le persone e la politica, può essere reazionario e cieco, gioca sulle emozioni. Nel contesto globale crea la falsa percezione che le nazioni esistano in un vuoto definito dalla geografia. Questo ovviamente non è vero e non possiamo pensare in termini nazionalistici se dobbiamo affrontare crisi globali come l’emergenza climatica.

Nel contesto europeo ci sono molti rischi associati alla geopolitica. Prendiamo la grande crisi migratoria del 2015: doveva essere risolta come questione comunitaria, non nazionale. Anche la guerra in Ucraina andava affrontata con unità, così come l’erosione dei valori democratici nel mondo meriterebbe una forte risposta europea. Non credo che la nuova “destra europea” offra alcuna soluzione a questi crescenti problemi.

Questa destra va dalla Polonia all’Italia, dall’Ungheria di Viktor Orbán ai nazionalisti francesi, dal partito neofascista spagnolo Vox fino agli eredi delle vecchie formazioni neonaziste svedesi di Sverigedemokraterna. Abbiamo assistito alla nascita di una “Internazionale Nera”?

Indubbiamente c’è un’ondata di politica d’estrema destra negli ultimi anni. Data la storia europea in termini di nazionalismo questo dovrebbe essere motivo di preoccupazione. Il nostro continente multinazionale rimane davvero fragile di fronte all’ideologia dell’estrema destra. Basta guardare all’attuale guerra in Ucraina, in parte anch’essa combattuta sulla base dell’identità nazionale e della sovranità. È interessante notare in questo esempio come il nazionalismo non andrebbe considerato attraverso una dicotomia bianco/nero o buono/cattivo.

Putin ha parzialmente giustificato la guerra in termini di lotta nazionale russa e revisionismo storico, declinando l’esistenza dell’Ucraina stessa come nazione sovrana. Probabilmente è stata anche la forza dell’identità nazionale degli ucraini che ha permesso loro di resistere all’orribile aggressione russa e che li fa continuare a combattere, dimostrando al mondo intero come difendono la loro indipendenza.

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Il nazionalismo non sembra al momento mostrare segni di regresso. Manca una contro-narrazione progressista o dipende tutto dalle crescenti disuguaglianze in Europa che, dalla crisi economica del 2008, non conoscono soluzione?

Questa è una domanda interessante. Tanto più che sembra presumere che il nazionalismo non possa essere progressista. Ci sono certamente studiosi che sosterrebbero che tutte le forme sono regressive e negative. Tuttavia, altri sosterrebbero che certe forme di nazionalismo possono essere progressiste. Gli esempi recenti potrebbero includere quello scozzese, di carattere “civico” o “inclusivo”: molti nazionalisti scozzesi sono certamente più progressisti dei partiti al potere a Londra. Allo stesso modo, le proteste del 2019 a Hong Kong sono state organizzate come rivendicazioni civiche (inter)nazionaliste e contro il dominio cinese autoritario.

Quando si parla di Europa, e di contro-narrazioni politiche, dobbiamo poi ricordare che pure alcuni partiti di sinistra hanno ottenuto un certo successo negli ultimi anni, dalla Germania al Portogallo. Sfortunatamente, questo non avviene con lo stesso vigore delle ondate di destra. Non fraintendetemi, la situazione è grave e desta sicuramente preoccupazione, ma penso che ci siano anche motivi per essere cautamente ottimisti sul fatto che forse il nuovo nazionalismo di destra svanirà. Nel frattempo vedremo cosa succederà in Polonia, dove ci sono le elezioni in autunno. Io spero di riuscire a catturare anche le future “contro-narrazioni progressiste” con la mia macchina fotografica!

Foto: © Mariusz Bogackiwww.mariuszbogacki.com

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