I registi Park Chan-Wook eย E J-Young raccontano la vera Corea del Sud nei film presentati al Florence Korea Film Fest al Cinema La Compagnia.
Non รจ facile entrare nel mondo del cinema coreano. Spesso impregnato di immagini crude e violente, storie scandite da una drammaticitร a tratti eccessiva, รจ un filone della cinematografia contemporaneaย non sempre facilmente digeribile. Quantomeno in Italia e in Europa, dove รจ ancora considerato un genere di nicchia, come ci ha spiegato il regista Park Chan-Wook, ospite d’onore del Florence Korea Film Fest di quest’anno.
Tra i nomi di punta della regia cinematografica coreana, Park Chan-Wook ha portato sotto gli occhi del pubblico internazionale la spietatezza del cinema coreano con Old Boy (2003). Appassionato di Visconti e Hitchcock, ha lavorato per alcuni anni ad Hollywood, dove si รจ confrontato con la dimensione commerciale del cinema, in mano alle potenti case di produzione cinematografiche, dove รจ riuscito perรฒ a far colpo su Quantin Tarantino.
I suoi film non si sottraggono al carattere prettamente coreano che predilige il lato crudo e negativo del mondo. I personaggi sono eroi quotidiani, che lottano ogni giorno contro il male fuori, ma soprattutto contro quello latente in noi stessi.
Una collezione di serate di successo durante il festival, la consegna delle chiavi della cittร da parte del sindaco Nardella e la masterclass di sabato mattina. Ma la grande sorpresa che Park Chan-Wook ci ha lasciato per questa edizione รจ stata la presentazione di The Handmaiden. Selezionato al Festival di Cannes 2016 e ispirato al romanzo inglese Ladra di Sarah Waters, il film racconta la storia d’amore tra due donne nella Corea del Sud degli anni Trenta, durante l’occupazione giapponese. Le due donne, una coreana, l’altra giapponese, segnano l’incontro di due culture lontane, il punto di contatto tra paese colonizzato e colonizzatore. In questa cornice storica, il regista inserisce il suo interesse per le storie di donne, generalmente mascherato da molti colleghi connazionali: โTutti noi (uomini) abbiamo dei lati femminili. Solo cheย molti non li vogliono vedereโ. La questione dell’uguaglianza di genere รจ un argomento scottante in Corea del Sud: si pensi che nel Forum economico mondiale del 2016 appariva al 115ยฐ posto su 145 paesi per eguaglianza dei diritti tra uomini e donne. Il film vuole smontare questo sistema patriarcale, esaltando unaย sensualissima femminilitร , attraverso le varie dinamiche di seduzione e soprusi tra uomini e donne, servi e padroni.
Nonย รจย un caso che tra le novitร del FKFF di quest’anno vi sia proprio una sezione dedicata alle donne coreane. K Woman indaga su tutti gli aspetti della sfera femminile: la speranza, la forza, la compassione, gli affetti, l’amore, l’erotismo, superando la dimensione della pura violenza e dell’immagine della donna come vittima di un mondo che non le appartiene.
Tra i diversi film proposti, spicca The Bacchus Lady di E J-Young, proiettato ieri sera alla presenza del regista.ย รย la storia di una donna di terza etร ย che si trova a fare i conti con la miseria della sua realtร di pensionata: in Corea del Sud infatti non esiste un sistema pensionistico per gli anziani e piรน della metร dei pensionati vive sotto la soglia della povertร . Il paese registra inoltre un altissimo tasso di suicidi nelle persone anziane. La protagonistaย So-young conduce cosรฌย unaย nuova vita come prostituta, adescando i clienti con la scusa di vendere il Bacchus, l’energy drink piรน venduto in Corea negli ultimi cinquant’anni. Il titolo originale coreanoย รจ, letteralmente,ย โla donna che uccideโ: la lavoratrice sessuale che uccide dal piacere e che allo stesso tempo uccide fisicamente. Dร felicita ma prende vita, dona insieme Eros e Tanatos. J-Young vuole mostrare come in una societร maschilista quale quella coreana, le donn si rivelino in fondo piรน forti degli uomini: cosรฌ So-Young accompagna verso la morte i tre amici che da tempo hanno smesso di desiderare la vita, a causa della paralisi, l’Alzheimer e il peso della solitudine. Il film si rivela dunque un commento sociale sulla vera Corea, riprendendo uno spaccato di vita ai confini della societร , tra trans, lavoratori e lavoratrici sessuali, invaliditร e miseria. Una societร chiusa a una realtร sempre piรน variegata ed interrazziale, in cui non mancano episodi di omofobia e transfobia, ancora considerate reazioni โnormaliโ nella percezione comune della sessualitร . Ne esce una rappresentazione trasparente della societร coreana, raccontata in modo onesto e realistico, in cui a tratti si respira la leggerezza e la voglia di ritrovare la bellezza delle piccole cose. โNon voglio essere solo artistico. Voglio essere realisticoโ. Cosรฌ ci lascia E J-Young, con l’augurio che la Corea del confucianesimo lasci presto spazio al mondo moderno. Che, sรฌ, รจ fatto anche di trans, gay, stranieri e donne risolute.
Roberta Poggi