Cosa fareste se foste chiamati a cedere i vostri beni, a natiche nude, sopra una pietra?
Di questa pratica alquanto clamorosa ne sapevano qualcosa i debitori e i commercianti insolventi nell’antica Roma, quando, chiamati a vendere le proprie ricchezze per far quadrare i conti, erano sottoposti a pubblica umiliazione, la bonorum cessio culo nudo super lapidem. Nelle condizioni appena richiamate, i malcapitati erano infatti costretti a gridare “cedo bona”, ossia “cedo i miei averi”. Da questi episodi è nata l’espressione “essere la pietra dello scandalo”, con la quale si intende denotare l’attenzione guadagnata a causa di azioni considerate riprovevoli.
Roma ha creato un’usanza che è stata poi diffusa anche in altre città, Firenze compresa. Se nella città eterna la pietra dello scandalo era un macigno situato vicino al Campidoglio, la sua corrispettiva fiorentina è locata sotto la Loggia del Mercato Nuovo, chiaramente visibile in assenza delle bancherelle. La pietra in questione, oggetto di un importante intervento nel 1838, riproduce fedelmente una ruota del Carroccio, simbolo della Repubblica fiorentina, sul quale veniva issato il gonfalone della città. Il carroccio veniva posizionato proprio sulla pietra e, prima di ogni battaglia, fungeva da punto di ritrovo per tutte le truppe fiorentine.
Questo tondo marmoreo bicolore ha assolto, nel corso del tempo, anche alla funzione che fu inizialmente inaugurata a Roma. Infatti, è proprio all’abitudine di punirvi i debitori che si deve il nome di pietra dello scandalo. Tuttavia, la modalità di impartizione della punizione differiva da quanto succedeva nella città capitolina. A Firenze, infatti, dopo aver calato le braghe dei malcapitati, si era soliti assistere ad uno spettacolo certamente colorito, nel quale il colpevole di turno era costretto a sbattere le natiche ripetutamente a terra, secondo la tradizione dell’acculata. Due modi di dire popolari come essere con il culo a terra e sculo, potrebbero essere nati in conseguenza di queste umilianti punizioni pubbliche.
Ph di copertina qui