Vasco Pratolini: ragazze di San Frediano, unitevi!

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Alla fine degli anni ‘40 le tematiche preminenti della letteratura italiana erano l’esperienza della Seconda guerra mondiale, della Resistenza e della deportazione: fu in questo periodo che vennero pubblicati i primi romanzi di Pratolini.

Alla fine degli anni ‘40 le tematiche preminenti della letteratura italiana erano l’esperienza della Seconda guerra mondiale, della Resistenza e della deportazione: fu in questo periodo che vennero pubblicati Il sentiero dei nidi di ragnoLa casa in collina Se questo è un uomo. Anche Vasco Pratolini (1913-1991) fu uno dei principali protagonisti del neorealismo. Tuttavia, la sua fama è legata anche ad una sua deviazione rispetto alla corrente letteraria del momento, un testo dalla vocazione novellistica nel quale il tema dell’esperienza della guerra è soltanto sfiorato. Si tratta di Le ragazze di Sanfrediano (1952), libro che venne scritto dall’autore in un momento di urgenza economica, come testimoniano le lettere spedite a Elio Vittorini in quegli anni. Il succinto romanzo descrive le vicende di Aldo Sernesi (detto da tutti Bob per la sua somiglianza con Robert Taylor), dongiovanni intento a giostrare le ragazze del quartiere più malsano della città, descritto dall’autore come luogo di sguaiataggine e leggiadria, becerismo e vivacità. Lo spavaldo Casanova del suburbio seduce le tanto ruspanti quanto sensuali sanfredianine, ma non si decide mai a “consumare”, facendo sì che esse simacerino nell’impazienza. 

Pratolini paragona Bob a un sultano nell’harem, ma alla figura del sovrano mediorientale accosta maliziosamente anche quella dell’eunuco, prefigurando il brutale finale. Dopo aver sopportato a lungo la titubanza del dispotico rubacuori, le sanfredianine (Tosca, Bice, Silvana, Gina, Loretta e Mafalda) decidono di tendergliun’imboscata: lo costringeranno, una volta per tutte, a scegliere con chi di loro stare. Il finale stravolge completamente il tono scanzonato del romanzo; le ragazze, una volta davanti all’amante, sentono crescere dentro di sé una bruciante sensazione di rancore e umiliazione. Il comune risentimento sfocia in un catartico linciaggio del ragazzo, trasformando così lo scherzo pseudo-boccacciano in un’inquietante e sadica derisione. 

Ma oltre al danno, c’è la beffa: Mafalda toglie i pantaloni a Bob e annuncia alle compagne lì presenti che il tombeur de femmes ha in realtà «il lilli di un bambino». Infine, dopo averlo immobilizzato con le cinghie, lo carica con l’aiuto delle altre sulla carrozza e lo trascina denudato per tutta Sanfrediano, come in una grottesca parodia dello strazio del cadavere di Ettore da parte del vittorioso Achille. Alla fine, sarà proprio Mafalda a sposarsi con il conquistatore domato. La versione cinematografica del regista Valerio Zurlini, uscita pochi anni dopo (1955), si discosta notevolmente dal romanzo. Oltre ad eliminare quasi del tutto la caratterizzazione dell’irregolare Firenze «di là d’Arno», Zurlini edulcorò il finale rimuovendo completamente lo sfogo di violenza e, facendo in modo che tutte le corteggiate rifiutassero alfine lo spasimante, convertì la vicenda nella retorica parabola del “chi troppo vuole, nulla stringe”.

Anche il riferimento alle dimensioni di Bob è rimosso («Sui cantoni […] scrivevano fino da quella sera il nome di Bob, e accanto un verbo e un aggettivo che lo riguardavano, e le ragazze di Sanfrediano, nessuna esclusa, nessuna esclusa, leggevano passando ciò che stava scritto a gesso e a carbone sopra i muri di via San Giovanni e di via della Chiesa e del Leone, e si congratulavano a vicenda, di averla scampata bella, meno male»). Privata della sfuriata finale, la storia perde la sua potenza iconoclasta e demistificatrice, e non può trasformarsi in quella che Francesco Piccolo ha definito «una vera e propria educazione sentimentale per il maschio italiano». D’altronde, Tosca aveva avvertito Aldo per tempo: «Sono una ragazza di Sanfrediano, non te ne scordare».