Paolo dal Pozzo Toscanelli nacque a Firenze nel 1397: fu matematico, astronomo, cartografo, pensatore e studioso di spicco del Rinascimento italiano. Si laureò in medicina a Padova nel 1424 dopo aver compiuto gli studi superiori presso lo Studio fiorentino
Dopo l’esperienza condotta nella città veneta tornò a Firenze e si dedicò all’astronomia e alla geografia, oltre che al continuo studio della matematica. Fu grande amico del poliedrico ed eclettico Leon Battista Alberti, aristocratico genovese che visse a Firenze tra il 1434 e il 1443, e del celebre Filippo di ser Brunellesco Lapi, conosciuto come Brunelleschi.
Paolo dal Pozzo Toscanelli diede importanti consigli al Brunelleschi quand’egli era impegnato nella costruzione della magnifica cupola di Santa Maria del Fiore. E proprio al Duomo di Firenze Toscanelli aveva realizzato il suo “gnomone”, strumento di rilevazione astronomica che utilizzava per i suoi calcoli e che, con i suoi novanta metri di altezza, è stato uno dei più grandi mai costruiti.
Altro grande interesse di Toscanelli era la geografia
Altro grande interesse di Toscanelli, ciò che qui vogliamo affrontare, fu la geografia. Lo studioso fiorentino fu uno dei più grandi dotti di geografia e cartografia del suo tempo. Eppure, l’imbeccata che ha portato ad uno dei fatti più importanti per la storia moderna della società umana, deriva da un grossolano errore, anzi, due. Presto ci arriveremo. Toscanelli era ossessionato dalla geografia tanto quanto, o forse più, dell’astronomia; molto probabilmente le due cose si compenetravano in una sorta di sintesi divina tra ciò che sta in cielo e ciò che sta in terra.
Visse nell’epoca in cui veneziani, pisani e genovesi, intessevano intensi scambi tra la penisola italica e l’Asia, passando per Vicino e Medio Oriente. Egli fu un grande studioso di viaggi, sia terrestri che marittimi e utilizzò tutti gli strumenti che l’epoca poteva fornire come lo gnomone, l’astrolabio, le tavole solari e quelle lunari nonché strumenti di astronomia nautica. Si narra che il Toscanelli si precipitasse a far domande a tutti i viaggiatori che passassero da Firenze
Con la caduta di Costantinopoli è necessario trovare una nuova via per raggiungere l’Asia
Varie erano le rotte via mare e terra che portavano i mercanti nei vari centri di scambio, economico e culturale, Firenze compresa. Le rotte commerciali sono sempre state motivo di scontro e conflitto, perciò, gli interessi politici, economici e anche religiosi si mischiavano assieme e gli studiosi rivestivano importanti ruoli in questi campi e in tutti quelli di qualche interesse connesso a questi. I re e i signori cercavano di mantenere o conquistare le rotte e si prodigavano con azioni diplomatiche o di aperto conflitto e si avvalevano anche della conoscenza degli studiosi per scoprirne e aprirne di nuove. Con la caduta di Costantinopoli in mano ottomana, il 29 maggio 1453, e la successiva stabilizzazione ed espansione dell’impero guidato da Maometto II, detto poi Fātiḥ (conquistatore), le vecchie rotte commerciali utilizzate dagli europei per raggiungere l’Asia divengono impraticabili. Urge adesso cercare un nuovo modo per raggiungere l’Oceano Indiano e l’Asia.
La lettera a Cristoforo Colombo
Toscanelli, all’età di settantasette anni (ne visse ottantacinque), scrisse una lettera a Cristoforo Colombo nella quale lodava il navigatore per la volontà dell’impresa di arrivare alle terre del Catai (Cina) passando per l’Ovest. Nella missiva, riportata parzialmente dal geografo Alexander von Humboldt, Toscanelli sostiene la fattibilità e la semplicità dell’impresa: a Colombo non basterà altro che seguire il percorso che egli gli aveva già indicato. Ciò significa che Colombo e Toscanelli si erano conosciuti e che già avevano discusso della possibilità di circumnavigare il globo per arrivare nel Catai; inoltre, significa che Toscanelli aveva, probabilmente, fornito al navigatore genovese una mappa e che quest’ultimo non avesse dovuto che seguirla. Non si conosce la data della lettera ma, presumibilmente, secondo gli studiosi, Toscanelli scrisse a Colombo quando inviò una lettera simile a Ferdinando Martinez, canonico portoghese di Lisbona, datata 1474
Ciò che è lampante è che passarono molti anni prima che Colombo realizzasse il suo famoso viaggio. Infatti, inizialmente, Colombo si offrì al re del Portogallo, Alfonso V, che però era troppo impegnato nelle questioni di successione reale e nelle lotte di potere nella penisola iberica. Colombo tentò nuovamente con il nuovo re, Giovanni II, insediatosi al posto del padre nel 1481. Anche questa volta però non riscosse successo poiché il re era convinto di avere più possibilità di circumnavigare l’Africa e di proseguire quindi con le prime spedizioni verso Sud
A questo punto Colombo offrì i suoi servigi a Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona che, bisognosi di nuove entrante per sostenere le annose lotte di potere e per espandere la propria influenza, accettarono di finanziare il viaggio per tentare di aprire una nuova rotta per le Indie.
Così, il 3 agosto 1492, Cristoforo Colombo salpò da Palos de la Frontera per un viaggio che si concluse con l’arrivo a destinazione il 12 ottobre del medesimo anno. Colombo trovò terra dove, più o meno, il suo amico Toscanelli gli aveva detto che si sarebbe trovata. Quella terra però non era il Catai, o il Cipango (Giappone) – come aveva inizialmente sospettato il navigatore. Fu un caso che Colombo la trovasse anche se, evidentemente, non avrebbe potuto fare a meno di incontrarla durante la rotta. Quella terra era però un altro continente. L’impresa di Colombo, se così la vogliamo chiamare, viste le conseguenze a cui portò un tale incontro di popoli, fu dunque del tutto casuale grazie ad un errore, anzi due.
Due errori di calcolo portarono Colombo alla scoperta dell’America
Nella lettera da Toscanelli a Colombo, scritta supponendo che il lettore abbia dinanzi agli occhi la cartografia, egli argomenta che 26 spazi di 5 gradi sono l’ampiezza dei fusi in cui era divisa la carta e che questi sono quasi la terza parte della sfera terrestre. Toscanelli cita l’esistenza di un’isola intermedia, detta Antilia (che potrebbe essere l’arcipelago delle Azzorre) e che da questa ci sarebbero stati solo 10 spazi di 5 gradi ciascuno per raggiungere il mitico Cipango. Toscanelli, dunque, ridusse la distanza tra Lisbona e le Indie a sole 6.500 miglia. L’altro errore fu un banale errore di conversione delle misurazioni. Per meglio dire, l’errore fu non fare la conversione. Infatti, il diametro terrestre che era già stato calcolato da Erastotene di Cirene e poi dagli astronomi arabi, che però adottavano una misurazione differente rispetto a quella in uso in Europa al tempo di Toscanelli, non venne convertito. Così, questo banale errore fece credere allo studioso fiorentino che la Terra fosse più piccola di quel che invece era. Ovviamente, non è nemmeno stato tenuto di conto che vi potesse essere altra terra tra l’Europa e l’Asia.
E’ incredibile come Colombo trovò terra proprio laddove Toscanelli l’aveva indicata, sebbene fosse il continente sbagliato. Conosciamo le terribili conseguenze per le popolazioni locali che tale viaggio innescò e sappiamo come ciò cambiò il volto di quel “nuovo” continente, chiamato poi America, e anche dell’Europa, con la nascita dei grandi regni e degli stati moderni, del mercantilismo e del capitalismo che, con il lungo andare, disegneranno le sorti del mondo intero.
Buscar el lavente por el poniente, la banale, e al contempo audace, idea alla base di tutto quanto poi accaduto; il battito d’ali della farfalla
Articolo a cura di Michele Manfrin