Il murale di AEC a Firenze celebra Margherita Hack

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Il murale di AEC a Firenze celebra Margherita Hack: un’opera d’arte contemporanea su un muro di 160mq racconta l’astronoma fiorentina nel centenario della sua nascita

«Sono nata il 12 giugno 1922 in una città bellissima, Firenze. Non ci crederete ma il caso ha voluto che la strada dove sono nata si chiamasse proprio via delle Centostelle.» 

Il murale di AEC a Firenze celebra Margherita Hack, l’astronoma che così amava ricordare le sue origini fiorentine. Prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, ha dato un fondamentale contributo alla ricerca per lo studio e la classificazione spettrale di molte categorie di stelle, diventando una delle menti più brillanti della comunità scientifica italiana contemporanea. Una scienziata, un’astrofisica e una divulgatrice di fama internazionale, ma anche una pensatrice a trecentosessanta gradi: atea, vegetariana da sempre e attivista per i diritti civili che le ha valso il premio “Personaggio gay dell’anno” nel 2010 per la sua attività a favore del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, sostenitrice dell’aborto e dell’eutanasia, da lei strenuamente difesa perché «la vita e la morte appartengono all’uomo e non a Dio», per usare le sue parole.

Margherita a Firenze frequentò il liceo classico Galileo, senza però avere la possibilità di sostenere l’esame di maturità a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale per poi iscriversi all’università… di Lettere! Ma la sua permanenza lì fu molto breve: «Mi iscrissi a Lettere» racconta in un’intervista «perché avevo molta facilità nello scrivere e miei pensavano che forse avrei fatto la giornalista, ma dopo un’ora di lezione di De Robertis […], mi venne una gran barba e capii che avevo sbagliato strada».

Iscrittasi a Fisica si laureò con una tesi di astrofisica sulle Cefeidi – una classe di stelle più o meno brillanti, utilizzate per misurare le distanze cosmiche fino a qualche decina di milioni di anni luce. La tesi venne condotta presso l’Osservatorio astronomico di Arcetri dove iniziò a occuparsi di spettroscopia stellare, cui poi dedicherà una vita di ricerca. Dopo la laurea cominciò a insegnare all’università e nel 1954 si trasferì all’Osservatorio di Merate, una succursale dello storico Osservatorio di Brera, inaugurando una lunga carriera di divulgatrice attraverso pubblicazioni per il grande pubblico, conferenze, partecipazioni televisive. Per dieci anni girò le università di mezzo mondo dall’Università di Berkeley in California, all’Institute for Advanced Study di Princeton in New Jersey, dall’Institut d’Astrophysique di Parigi, agli Osservatori di Utrecht e Groningen e l’Università di Città del Messico finché, nel 1964, ottenne la cattedra di astronomia a Trieste e le chiavi dell’Osservatorio astronomico, che rimarrà sotto la sua direzione per quasi trent’anni.

Margherita è fiorentina e chi ha avuto la fortuna di sentirla parlare l’ha riconosciuta nella sua “c” aspirata e dalla passione per la Viola che ha sempre nutrito, da grande sportiva qual era. Un destino, il suo, scritto nelle stelle – è proprio il caso di dirlo – ironicamente confermato dalla coincidenza di essere nata proprio in via delle Centostelle. E lì, a due passi, sorge la Scuola Secondaria di primo grado Dino Compagni, in via Giuseppe Sirtori 58 (Campo di Marte), sulle cui pareti è da poco stata realizzata un’opera d’arte, omaggio alla grande scienziata fiorentina per il centenario dalla sua nascita. «Penso alla ciclicità delle mie molecole, pronte a sopravvivermi, a ritornare in circolo girovagando per l’atmosfera e non provo tristezza. Ci sono stata, qualcuno si ricorderà di me e se così non fosse, non importa» diceva Margherita. 

Be’ noi Margherita ce la ricordiamo bene e quest’opera testimonia che la sua città e tutto il mondo lo farà sempre.

L’opera, realizzata dall’artista ucraino Aleksei Bordusov, aka AEC, si chiama 1922-2022. Made of star stuff. Il titolo riprende le parole del celebre astrofisico Carl Edward Sagan, condivise dalla stessa Hack, che riescono a racchiudere il significato veicolato dall’opera stessa: “Noi siamo il modo attraverso cui l’universo conosce se stesso. Una parte della nostra esistenza sa che è da lì che veniamo. Desideriamo tornarci, e possiamo farlo, perché il cosmo è anche dentro di noi. Siamo fatti di stelle”. «In questo senso ha ragione la canzone» diceva Margherita «siamo proprio figli delle stelle».

Il murale di AEC a Firenze celebra Margherita Hack ed è stato realizzato dall’artista noto a livello internazionale per la sua pittura surrealista; si estende su due pareti per una superficie totale di oltre 160mq ed è ispirato alla scienza, alla cosmologia e ai tempi passati, combinando l’immagine mitologica greco-egiziana del dio del cielo di Zeus Ammone, con quella dell’astronoma fiorentina.  Dai miti antichi fino alla scienza moderna, AEC è uno dei pochi muralisti in grado di raccogliere l’eredità di temi complessi che intrecciano la natura, l’essere umano e il sovrannaturale. Il risultato della sua ricerca artistica è un alfabeto evocativo estremamente riconoscibile, capace di unire il figurativo e l’allegorico senza scadere nella banale riproduzione didascalica. La sua narrativa mette radici nel passato, dalla storia del cosmo fino a quella della civiltà umana, per rinnovarsi continuamente grazie alla sua visione immaginifica e alla singolare stilizzazione surrealista. Il suo processo creativo è come un mistero in cui le immagini da rappresentare provengono dal subconscio e superano il vincolo del realismo per avvicinarsi all’assurdo. L’artista ucraino considera il proprio lavoro come un’opportunità per comprendere “le ragioni mistiche dell’Universo” e proprio questa ambizione lo accomuna alla Hack: lui con il pennello, lei con gli strumenti ottici, entrambi instancabili ricercatori dell’ignoto.

L’opera, voluta dal Comune, è stata commissionata e curata in tutta la logistica della sua esecuzione da Street Levels Gallery, una galleria internazionale di arte urbana, primo luogo del suo genere a Firenze, nata dall’incontro tra artisti e produttori culturali, che lavora sui vari livelli di interazione dell’arte – tra strada, pubblico e spazio espositivo – interagendo con il tessuto urbano in uno scambio reciproco e dinamico, in costante mutamento. La galleria si pone l’obiettivo di raccontare i percorsi e le espressioni artistiche nate in strada, supportandone l’esistenza, e, contemporaneamente, cercando di abbattere quei limiti narrativi e stereotipici esistenti tra lo spazio pubblico e quello privato, tra la strada e il luogo espositivo, esattamente come nel caso del murale di Margherita Hack.

Siamo andati in Galleria (un luogo veramente magico!) e abbiamo incontrato Gianluca Milli, uno dei soci e fondatori di Street Levels assieme a Sofia Bonacchi e Alin Catalin Blembea, per farci raccontare di 1922-2022. Made of star stuff e dell’incontro con il suo creatore, l’artista AEC Interesni Kazki.

Gianluca puoi spiegarci perché la scelta dell’artista per realizzare quest’opera è ricaduta proprio su AEC Interesni Kazki?

Ci sono varie ragioni; innanzitutto perché è un bravissimo artista. Con il suo immaginario, si è reso capace di avviare nuove traiettorie di stile, aprendo una parentesi artistica che ha già segnato profondamente la cultura dell’arte pubblica ma che ha ancora molto da scrivere, sperimentare e rivelare. E poi ci è sembrato che la sua estetica fosse perfetta per rappresentare il mondo dell’astrofisica. In altre parole AEC è stato scelto per la sua poetica in grado di rappresentare un mondo, dare più sfumature e più punti di vista, per andare oltre e far arrivare al pubblico tutto ciò che Margherita Hack è stata. 

Per ogni lavoro che realizza, AEC ama inventare una sua personale simbologia da inserire nell’opera che trae ispirazione anche dal luogo in cui si trova e che influenza colori e composizione. Nel caso di 1922-2022. Made of star stuff qual è questa simbologia per così dire site-specific?

Si può dire che l’opera sia divisa in due parti: in alto è presente ovviamente il volto di Margherita Hack, i cui occhi si espandono come dei simbolici binocoli che terminano in due forme galattiche, il tutto di viola, colore che, nell’immaginario di AEC, si associa al mondo della scienza, ponendosi al limite tra lo spettro di luce visibile e quello invisibile costituito dai raggi ultravioletti. Sopra c’è Zeus Ammone, il dio del cielo, affiancato da due simboli che per forma e colore richiamano il sole e la luna e le stelle. Il tutto ha sullo sfondo un cielo all’imbrunire ed è inquadrato in una sorta di camera ottica che si dipana dal basso e ci guida verso un paesaggio che è tipicamente toscano, con un casolare dal tetto rosso circondato da cipressi.

Come si inserisce quest’opera nel contesto artistico urbano?

Nelle opere pubbliche realizzate in città ultimamente stiamo assistendo spesso alla celebrazione di un personaggio solo in chiave iconica, attraverso il tema del ritratto, sebbene realizzato secondo l’estetica dei vari artisti. Credo che l’opera di AEC si discosti molto da questo mondo di rappresentare, che si concentra solo su una resa ritrattistica del volto, fornendo invece più chiavi di lettura che permettono a chi osserva l’opera di accedere a tutto il mondo di Margherita Hack: le sue scoperte, il suo lavoro di scienziata nel mondo dell’astrofisica. Il risultato è un’opera d’arte contemporanea realizzata attraverso il muralismo, in cui è inserita tutta l’estetica dell’artista senza ricorrere all’espediente dell’icona già conosciuta da tutti, fedele al suo linguaggio artistico.

Credi che in qualche modo il momento critico che sta affrontando l’Ucraina in guerra abbia influenzato il lavoro di AEC?

AEC è un artista ucraino che vive e lavora alle Isole Canarie, luogo in cui si trovava allo scoppio del conflitto; ovviamente la guerra lo tocca molto da vicino ma non ha mai usato il mezzo artistico per parlarne e la sua arte non usa immaginari violenti. Quando l’abbiamo incontrato ci ha chiesto di poter tenere sullo sfondo della video-intervista che abbiamo realizzato la bandiera ucraina per dare un segnale di sostegno al suo paese; per lui l’arte è uno strumento di difesa a promozione del suo paese, ma non usa immagini di guerra per questo.

Foto di Giulio Guidi