Le monumentali Rampe del Poggi che collegano le rive dell’Arno con Piazzale Michelangelo, oggi percorse da turisti e fiorentini non sono solo un’opera di indubbia bellezza, ma anche un vero e proprio pezzo di storia che affonda le sue radici all’epoca di Firenze capitale.
Era il 1864 quando il Parlamento del Nuovo Regno d’Italia decise di trasferire la capitale da Torino a Firenze: fu un accadimento epocale che cambiò le sorti della nostra città, in quanto in questi anni Firenze subì una vera e propria evoluzione che trasformò e rivoluzionò completamente il suo aspetto.
Il trasferimento a Firenze del Re Vittorio Emanuele II con a seguito l’intero apparato della pubblica amministrazione sarebbe avvenuto formalmente il 18 febbraio del 1865, ma quella che li avrebbe ospitati era una città che conservava ancora un impianto irrimediabilmente medievale, quindi certamente non adeguato alle nuove esigenze. Per questo motivo, il Re incaricò l’architetto e ingegnere fiorentino Giuseppe Poggi (1811-1901) di progettare un nuovo piano di ampliamento della città, chiamato poi “risanamento”, che doveva rendere Firenze simile alle grandi capitali europee.
E così, mentre il Re Vittorio Emanuele percorreva i saloni del maestoso Palazzo Pitti dove si trasferì, Poggi iniziò a mettere in atto questo ambizioso piano di sviluppo urbano di Firenze che prevedeva moltissimi interventi, tra cui l’abbattimento delle mura medievali e la costruzione di viali di circonvallazione alla maniera dei “boulevards” francesi progettati dall’ urbanista Haussmann a Parigi e di piazze circolari in corrispondenza delle porte della città; e ancora la realizzazione di nuovi quartieri tra cui quello del Campo di Marte, destinato alle manovre militari e alle parate, nonché la modernizzazione del sistema fognario e la riqualificazione di parchi e giardini, come ad esempio le Cascine, con lo scopo di restituire le aree verdi urbane anche alle classi meno privilegiate.
Il Poggi, così facendo, effettuò degli interventi che, in un certo senso, diedero respiro e maggiore bellezza a una città che vedeva ancora ammassati edifici gli uni accanto agli altri. All’epoca le costruzioni nascondevano infatti le rive dell’Arno che quasi risultava invisibile anche se le alluvioni a Firenze erano molto frequenti e l’ultima era avvenuta proprio nel 1864. Per questa ragione, i fiorentini temevano il loro fiume e, nel corso del tempo, avevano cercato in tutti i modi di separare gli abitanti dall’acqua, costruendo alti edifici accalcati, che conferivano però un aspetto disordinato e quasi caotico alla città.
In questo contesto, Giuseppe Poggi ideò anche lo straordinario e panoramicissimo Viale dei Colli che, immerso totalmente nella natura, ha inizio da Porta Romana, si sviluppa in salita scavalcando le colline e riscende sulle sponde dell’Arno. Il Viale, come anche i nuovi quartieri della città, fu arricchito di aree verdi e della presenza di sontuose Ville Neorinascimentali che ben presto furono abitate dalle persone appartenenti alle élites locali che finalmente poterono separarsi da quelle che, invece, appartenevano alle classi meno abbienti, le quali purtroppo, anche dopo il risanamento, continuarono a popolare le anguste e misere abitazioni del centro storico. Questo diede alla città un impianto puramente borghese che favoriva in particolare l’aristocrazia ma che, in ogni caso, apportava trasformazioni generali, le quali avrebbero sicuramente migliorato la qualità di vita di tutti.
La realizzazione de “la più bella passeggiata del mondo”, come lo stesso architetto la definì, non poteva assolutamente non comprendere anche l’edificazione di un’enorme e imponente terrazza che, a metà del Viale dei Colli, avrebbe offerto una sorta di “area di sosta”, corredata da una splendida vista sull’intera città: stiamo parlando ovviamente del Piazzale Michelangelo, anch’esso parte del grande progetto di riqualificazione. Inizialmente ideato per ospitare un vero e proprio museo a cielo aperto Michelangiolesco che avrebbe esposto le copie delle più grandi opere dell’artista, si limitò poi ad esporre solamente la copia in bronzo del David con alla base le copie delle quattro allegorie della Sagrestia Nuova di San Lorenzo.
Ed è proprio alle pendici del piazzale che fu decisa dall’architetto la costruzione di scenografiche rampe che potessero direttamente collegare le rive del Lungarno Serristori alla terrazza e, allo stesso tempo, provvedere a un problema di stabilità del terreno collinare sottostante che rischiava di cedere.
Con la collaborazione di Attilio Pucci, capo-giardiniere dell’Orto Botanico e poi Soprintendente Comunale dei giardini e dei pubblici paesaggi, le Rampe furono realizzate tra il 1872 e il 1876 alla maniera di un giardino verticale su una superficie di ben 6.700 metri quadrati. Questa colossale costruzione si articola su tre livelli arricchiti con giardini, come ad esempio il suggestivo e panoramico Giardino delle Rose, ma anche con grotte e nicchie in stile puramente neo-manierista, scavate direttamente nei muraglioni e decorate con stalattiti e conchiglie che ci ricordano la Grotta Grande del Buontalenti nei Giardini di Boboli.
Ma l’elemento principale che caratterizza le rampe non può che essere l’acqua che zampilla attraverso cascate e fontane, fino ad arrivare a magnifiche vasche completamente rivestite di affascinanti mosaici. Il Poggi intese la presenza dell’acqua come “elemento unificante delle rampe”, che partendo dal punto più alto dove svettano fieri il Giglio, simbolo di Firenze, e una conchiglia, scende attraversando le prime tre grotte per poi confluire alle cinque grotte inferiori e infine alla grande vasca della Porta San Niccolò, dove sorge Piazza Poggi.
Purtroppo, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, la manutenzione delle rampe risultò sempre più complicata, soprattutto a causa della difficoltà nell’approvvigionamento idrico, per cui, dopo il primo restauro avvenuto nel 1955, il sistema idraulico nel corso del tempo iniziò a non funzionare più in maniera adeguata fino ad arrivare agli anni ‘70 quando l’acqua scomparve del tutto e le rampe vennero ricoperte da una folta vegetazione infestante. Fortunatamente nel Luglio 2018, nell’ambito di un programma di interventi urbani, per le Rampe del Poggi fu pianificato un restauro, uno dei più complessi degli ultimi 50 anni a Firenze, voluto fortemente dal Comune con il supporto della Fondazione CR Firenze.
E così, dopo appena 9 mesi e grazie all’impiego di 2,5 milioni di euro, il 1° Giugno 2019 le Rampe sono state restituite alla collettività in tutta la loro magnificenza. Dopo decenni, l’acqua ha ricominciato a scorrere e piante ornamentali e acquatiche molti simili a quelle originarie sono state ricollocate a incorniciare vasche, grotte e cascate per la gioia della comunità fiorentina e dei visitatori che ogni anno vengono ad ammirare la capitale del Rinascimento. Ma l’intervento non si è limitato solamente al recupero puramente estetico delle Rampe del Poggi, bensì anche alla progettazione di un nuovo impianto idraulico ecologicamente sostenibile che vede un sistema di ricircolo dell’acqua alimentato con acqua di pozzo attraverso la presenza di una cisterna di 27.000 litri, collocata ai piedi della Porta San Niccolò e che permette di non attingere alla rete idrica cittadina.
Si può dire, dunque, che recarsi al Piazzale Michelangelo salendo le Rampe del Poggi, non solo rappresenta una piacevolissima passeggiata lungo la quale è d’obbligo qualche breve sosta nei giardini che la circondano per ammirare il panorama di Firenze che man mano che si sale si fa sempre più mozzafiato, ma anche e soprattutto un tuffo in una parte di storia della città, quando Firenze raggiunse il culmine della sua potenza diventando capitale d’Italia. La sensazione che si prova camminando, è quella un contrasto tra l’andamento pacifico dell’Arno, che quasi sembra dormire adagiato delicatamente tra le case e i monumenti della città, e la forza prepotente dell’acqua delle rampe che sgorga incessante e rumorosa.
Allo stesso tempo, però, una forza armonizzante ci viene incontro, grazie alla quale ci è chiaro come lo scopo di questa magnifica struttura era, ed è ancora oggi, anche quello di donare un’apertura verso quel fiume che ogni tanto inondava violentemente Firenze, scatenando un grande timore nella popolazione. Non nasconderlo, ma renderlo più visibile migliorò il rapporto dei fiorentini con l’Arno e tutt’ora, dalle Rampe del Poggi, riportate al loro antico splendore, questa concordia tra la città, il fiume e le colline ci appare più che mai maestosa e inaspettata.
Articolo e foto a cura di Valentina Vetrano