Breve e intenso viaggio percorribile da fermi, nel corpo e negli spazi di una vita ispirata.
Respirare il mondo è il breve e intenso racconto di una vita straordinaria, vissuta da un donna vibrante e gentile, che ha fatto della libertà la molla della sua ricerca: è un contenitore di pensieri alti e altre visioni, esplora territori appassionanti con stupore, partendo dal corpo-mente come unico bagaglio da portare sempre con sé insieme all’ispirazione, vista come condizione necessaria per procedere nel cammino della vita.
La scrittura del romanzo è fluida, evocativa, esatta, semplice, scorrevole. L’autrice, Patrizia Foschi, insegna Yoga dal 1990 in Italia e all’estero. La passione per le culture del mondo l’ha portata dapprima a frequentare un biennio universitario in Lingue straniere, poi a viaggiare e vivere per lunghi periodi tra il Sudamerica, dove ha studiato la medicina tradizionale con un curandero peruviano nella foresta amazzonica, l’India, dove ha approfondito lo studio dello Yoga, e in seguito l’Indonesia. Tornata in Italia, nel 1988 si è diplomata presso l’ISFYI di Roma (Scuola triennale di formazione per insegnanti Yoga); sempre a Roma, ha frequentato il corso triennale di Qi Gong curato dal maestro Li Xiao Ming dell’Istituto di Medicina Tradizionale Cinese di Pechino. A Firenze ha seguito il corso di formazione in Psicosintesi e nel 2005 ha aperto la scuola “Radici e Ali”, dove insegna e conduce seminari utilizzando lo Yoga e il Qi Gong come vie di conoscenza di sé. Da vent’anni vive tra l’Italia e l’isola di Lamu, in Kenya. Respirare il mondo è il suo primo romanzo, edito da Giunti.
Patrizia, perché la scrittura?
Perché ho scritto tutta la vita. E ho disegnato tutta la vita. La scrittura di questo libro in particolare è durata dieci anni… Sono arrivata a un punto in cui non sapevo se quello che avrei realizzato sarebbe stato un libro autobiografico o un lavoro che si occupasse solo di Yoga. Poi ho capito che la formula vincente era legare le due cose, l’autobiografia, gli insegnamenti sul respiro… A me sono capitate avventure stupende, quindi le racconto.
“Lo Yoga” (visto come sintesi dell’insegnamento di diversi maestri che hanno in comune alcuni principi fondamentali, dunque non Yoga come disciplina granitica, ma come strumento di ispirazione, necessario per comprendere ciascuno la propria sensibilità corporea, e farne una guida), il “Viaggio” (visto come condizione desiderata, nel corpo e nel mondo), “Il corpo come maestro” (partendo dalla pianta del piede sino ad arrivare alla mente, che con il corpo è una cosa sola): brevi capitoli alternano il racconto delle esplorazioni dell’autrice nel mondo, affrontando territori chiari o ambigui, sempre con l’esortazione a servirsi di paure e indugi come molle per arrivare altrove.
Racconto un periodo, quello degli anni Settanta, dove le piante psicotrope erano considerate strumento di conoscenza. Ricordo la letteratura di Castaneda, Aldous Huxley, Allen Ginsberg… In Sudamerica avevo il sogno di trovare un maestro, mentre l’Amazzonia mi aveva sempre affascinata. Oggi siamo nell’epoca in cui Bolsonaro smantella l’Amazzonia: perciò mi sono sentita quasi in dovere di spendere anch’io una parola in difesa di quei territori, per quanto possa valere. E curiosamente, ho scoperto poi che l’autobiografia è una disciplina importante e riconosciuta. Ad Anghiari è stata istituita la prima Libera Università dell’Autobiografia…
Il libro è profondamente evocativo, racconta di ricordi e riflessioni, posa sguardi sul potere di tutto, dei luoghi, del corpo, del tempo e di quello che esiste altrove. E termina con alcune preziose parole-chiave, da leggere e lasciar risuonare. È un romanzo ricco di approdi, un manuale scrigno di riflessioni e considerazioni, da leggere e rileggere.
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