Habitus. Una performance artistica nella Firenze del Coronavirus

Habitus

Firenze è una città normalmente invasa dal turismo. In che modo secondo voi questo influenza la vita dei cittadini e che mancanze genera per loro?
Il turismo è sicuramente una parte integrante del tessuto della città. Senza considerare l’impatto economico che questo settore comporta per Firenze, una delle critiche che possiamo muovere a questa ‘invasione’ è che non esiste più un equilibrio tra le necessità di chi la abita e quelle di chi semplicemente la fruisce. L’identità del luogo e dei suoi cittadini collide con la destinazione dei suoi spazi che troppo spesso si rivolgono ad altri.

Il decreto ha inevitabilmente influenzato il vostro processo creativo, potreste raccontarci in che modo?
Habitus è nato da un’idea che voleva essere sviluppata con più calma ma che si è dovuta fermare improvvisamente. Questa urgenza ci ha inizialmente destabilizzato, non soltanto in prospettiva del progetto, ma anche a livello individuale. Ritrovarsi isolati in casa da un momento all’altro ci ha costretti a riconfigurare rapidamente il nostro quotidiano. Poi abbiamo riflettuto su quello che stava accadendo e abbiamo deciso di sfruttare il poco materiale che avevamo per concentrarci su qualcosa di più essenziale, ma che potesse comunque avere un forte impatto. Un’altra difficoltà iniziale è stato lo sviluppo di un progetto a distanza che si è però trasformata in coesione e produttività.

Anche il messaggio della performance è stato influenzato dall’avvento del decreto? E le sue possibili interpretazioni?
Inizialmente la performance voleva esprimere la riappropriazione di uno spazio e l’interazione con esso attraverso il corpo, ma anche il dialogo tra passato e presente, tra arte rinascimentale e contemporanea attraverso uno schermo. Uno schermo rappresentato da un telo simbolico che in luoghi ricchi di storia come Firenze tende a offuscare il nuovo e a sovrastarlo. L’atto performativo ha proprio la funzione di raccontare le nuove forme d’arte e dimostrare che l’arte vive anche nel presente e non soltanto attraverso il passato. Successivamente, gli eventi ci hanno portato a identificare in quel telo la rappresentazione dell’isolamento che stiamo vivendo.

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